Non solo Pil, l’Italia scala la classifica nella geografia mondiale della felicità

La settima edizione del World Happiness Report prodotto da Sdsn in partnership con Fondazione Ernesto Illy 

IL REPORT

Piercarlo Fiumanò

Stiamo meglio o stiamo peggio? La religione del Pil o della crescita infinita è stata messa più volte in discussione rilanciando altri indici “etici”. Fra questi ricordiamo quello della nostra Istat sul Benessere equo e sostenibile. Oppure il Fil (Felicità interna lorda) adottato dal Buthan, piccolo regno himalayano stretto tra l'India e la Cina. L’elenco è lungo ma il Pil resiste inossidabile. In questi giorni è stata presentata all’Onu la settima edizione dell'annuale World Happiness Report con la classifica dei 156 Paesi valutati in base alla percezione della felicità dei propri cittadini. Il risultato premia ancora una volta la Finlandia e il Grande Nord secondo i dati raccolti dal 2016 al 2018 dalla società di consulenza e statistica Gallup.

Redatto da Jeffrey Sachs, John Halliwell e Richard Layard, con il supporto di diversi ricercatori indipendenti, il rapporto è stato prodotto dal Sustainable Development Solutions Network (Sdsn) in partnership con la Fondazione Ernesto Illy. Nella top ten si ritrovano i Paesi che già gli scorsi anni hanno occupato i primi posti della classifica: dopo la Finlandia troviamo nell’ordine Danimarca, Norvegia, Islanda, Olanda, Svizzera, Svezia, Nuova Zelanda, Canada e Austria. L'Italia è al 36esimo posto, in netta salita rispetto al 47esimo posto dello scorso anno. Nella top ten ci sono anche Islanda, Paesi Bassi, Svizzera, Svezia, Nuova Zelanda, Canada, Austria. Retrocedono gli Stati Uniti di Trump, dal 18esimo al 19esimo posto.

Che il Pil non sia lo strumento più adeguato per misurare il nostro benessere è un concetto sostenuto da tempo anche da economisti e premi Nobel come Joseph E. Stiglitz, Amartya Sen e Jean-Paul Fitoussi. Nel Pil - sostengono - andrebbero calcolati problemi come le diseguaglianze e la distribuzione del costo di rigorose politiche ambientali. Insomma, andrebbero considerate preoccupazioni “sociali” concrete. Un discepolo di Milton Friedman come Edmund Phelps, famoso per i suoi studi sulle dinamiche fra inflazione e disoccupazione (come l'indiano Amartya Sen ma legandolo alla produttività), è stato fra i primi a parlare di un «indice della felicità». A suo giudizio aumenta quando più siamo soddisfatti sul posto di lavoro. Per questo si può vivere in un Paese infelice quando «c'è meno libertà economica, troppi accordi corporativi, meno commercio con l'estero, una insufficiente etica del lavoro». Insomma poco dinamismo economico, poca soddisfazione sul lavoro, bassa produttività.

Il rapporto curato da Jeffrey Sachs e Fondazione Illy tiene conto di fattori come prosperità economica, aspettativa di vita, stato del welfare e libertà individuale. Conclude che il livello di felicità nel mondo sembra essere calato negli ultimi anni. È aumentato il livello di “emozioni negative”, tra cui preoccupazione, tristezza e rabbia, specialmente in Asia e Africa, ma più recentemente anche altrove. E in fondo alla lista compaiono Siria, Malawi, Yemen, Ruanda, Tanzania, Afghanistan, Centrafrica e infine Sud Sudan.

Questa analisi è ricavata anche analizzando il flusso di informazioni che come un fiume in piena proviene dai social network, sempre più termometro del benessere mondiale. Ma sarà poi così vero? Uno dei capitoli del rapporto di fatto si concentra sulla generosità e la partecipazione degli individui alla società, per dimostrare quanto la partecipazione elettorale, i big data, l’uso di Internet e le dipendenze incidano sul livello di felicità percepito.

«Viviamo un momento di transizione verso una nuova era e questo genera un senso di incertezza», sottolinea Andrea Illy, Presidente di illycaffè e membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Ernesto Illy. «La felicità sociale è quindi sempre più rilevante, per dare prospettive positive e guardare con fiducia sul presente e sul futuro». Jeffrey Sachs, direttore del Sustainable Development Solutions Network, si concentra sull'epidemia di dipendenze e infelicità degli Stati Uniti, un Paese che nonostante la sua ricchezza ha visto crollare il livello di felicità dei propri cittadini: «Negli Usa attualmente siamo molto infelici e depressi». —

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