Non si balla più nell’Isontino Vincono i discobar

di Francesco Fain
Non si balla più nell’Isontino. Si sorseggia un aperitivo al bar, ci si diverte con gli amici, si ascolta musica, magari anche ci si dimena o si ancheggia al ritmo della ultima hit sotto il gazebo ma dei vecchi templi del ballo non c’è più traccia: spariti, chiusi, sostituiti da supermercati o lottizzazioni.
A confermarlo il Silb, l’Associazione italiana imprese di intrattenimento da ballo e spettacolo, secondo la quale «la discoteca tradizionale - si legge in una lucida analisi - sembra attraversare un lungo periodo di crisi che, nell’opinione di alcuni, porterà alla sua definitiva estinzione, in favore di locali in grado di offrire serate diverse e soprattutto in grado di attrarre la clientela non solo in tarda notte ma già dalle prime ore della serata. Oggi gli amanti della vita notturna prediligono locali “ibridi”, polifunzionali, multi-esperienziali (dall’aperitivo, alla mostra d’arte, alla cena, al ballo) si prendono le distanze dalle discoteche tradizionali in favore di feste one night (vedi trend sul trasformismo delle location)». Insomma, crisi nera.
Il passato
C’erano una volta le discoteche nell’Isontino. Tante, affascinanti, in grado di rispondere alle esigenze di diverse fasce d’età. Chi non ricorda, fra i quarantenni, le partenze dalla stazione ferroviaria di Gorizia? Si saliva in treno e via alla volta dell’Hyppodrome o dell’Invidia. E ciò succedeva ogni domenica pomeriggio. E molti erano ancora “rimbambiti” dalla febbre del sabato sera. Villa Sospisio a Sagrado era il tempio della musica house, soppiantato poi da un club di lap dance che ha avuto un infausto destino. Suggestivo ma piccolo l’Angie bleu sempre a Sagrado, trasformato oggi in un... appartamento. E come non ricordare il Castello di Medea (a proposito quest’anno sono dieci anni che è chiuso)? Lì hanno suonato i deejay più affermati del panorama house internazionale, regalando atmosfere ibizenche tipiche dei locali più trendy. Vecchi e sbiaditi ricordi. In provincia di Udine, poi, l’offerta era ancora più vasta: dal Saxophone di San Giovanni al Natisone (oggi in quei locali c’è il Mastro Birraio) al Love Story (diventato poi Xenon e poi Flamingo) di Buttrio; dal Club Tropicana di Mereto di Capitolo alla Botte di Pradamano, passando per La Grotta di Artegna, tanto per citarne alcuni. Insomma, la notte pulsava e non si andava a dormire se, prima, non ci era scatenati in pista.
La crisi
Oggi, non si balla più nell’Isontino. L’ultima spallata l’ha data l’avvento della patente a punti. Il timore di essere colti in fallo dall’etilometro ha stimolato i giovani che hanno voglia di girare di notte ad individuare itinerari alternativi. Non si percorrono più le statali (pardon, regionali) o le vie a maggiore scorrimento dove più alta è la possibilità di incappare in qualche pattuglia. Predilette diventano le strade secondarie per raggiungere questo o quel bar, questo o quel locale notturno.
La seconda causa della morte delle discoteche tradizionali è da ricercarsi nell’offerta variegata dei discobar. «Lì, almeno si può parlare. Le orecchie non vengono bombardate dalla musica», la sottolineatura di tanti giovani. «Nel complesso - annota il Silb - i locali cercano di adattarsi a queste diverse esigenze, soprattutto al desiderio di socializzazione. E quello di avere un’offerta variegata: ambiente, cibo e drink, fino all’arte (in senso lato: concerti, balletti, foto)».
E chi vuole ballare? Va a Sistiana d’estate o allo Square a Nova Gorica. Ma l’atmosfera che si respirava sino a dieci anni fa, non è più la stessa...
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