Non compie atti osceni chi fa pipì in strada

Assolto in Appello un giovane sorpreso sul lungomare di Barcola con i pantaloni abbassati

Non erano atti osceni. Solo un’impellente necessità fisiologica. Una voglia tremenda di far pipì. Lo hanno stabilito i giudici della Corte d’Appello - presieduta da Igor Maria Rifiorati e composta da Gloria Carlesso e Edoardo Ciriotto -, assolvendo un giovane che, nell’inverno del 2012, sul lungomare di Barcola era stato sorpreso, con i pantaloni abbassati, da un poliziotto. «Lei si sta masturbando, la denuncio», gli aveva detto.

Ma la realtà, come hanno accertato i giudici, era diversa: il protagonista di questa surreale vicenda in quel momento non aveva avuto il tempo di raggiungere lo scooter per tornare a casa, né aveva trovato alcun bar aperto, né alcun bagno pubblico o bagno chimico. Era a Barcola: si era guardato in giro e, sicuro di non essere visto da nessuno, si era piegato e si nascosto “dentro” un cespuglio. E lì, appunto aveva fatto pipì.

Dopo circa mezz’ora, gli si era avvicinato un agente di polizia in borghese il quale, di punto in bianco, gli ha contestato il reato di atti osceni in luogo pubblico, sostenendo che si stava masturbando in strada. Lo stesso agente ha richiesto nel frattempo anche l’intervento di una pattuglia in supporto. Il ragazzo, costernato ed incredulo, alle accuse mosse dai poliziotti ha replicato immediatamente di aver solo urinato. Nonostante ciò è stato comunque denunciato.

Nel procedimento di primo grado, nonostante lo stesso agente di polizia avesse evidenziato che il ragazzo si era letteralmente nascosto dentro il cespuglio dando la schiena al pubblico passaggio e mantenendo il viso rivolto verso la boscaglia e che effettivamente non poteva escludere che il ragazzo stesse semplicemente urinando, il giudice Laura Barresi ha disatteso le argomentazioni dell’avvocato Eleonora Sponza. Il difensore aveva sostenuto che il giovane altro non faceva se non la pipì. Da qui la condanna alla pena di due mesi di reclusione.

Ma il ragazzo non l’ha accettata, considerato anche che quel tipo di condanna gli poteva rovinare la vita e la carriera lavorativa, e ha proposto appello. Nel quale è stata evidenziata l’incompatibilità della sua condotta con atti di natura sessuale. Alla fine il collegio gli ha dato ragione riconoscendo che non si trattava di atti osceni ma di mera minzione in luogo pubblico, punita con una semplice sanzione di natura pecuniaria. (c.b.)

Riproduzione riservata © Il Piccolo