No alle monoporzioni a scuola: anche Gorizia si ribella sulle mense
GORIZIA Il primo a far sentire forte la sua voce è stato il Comune di Trieste. Oggi, a ribellarsi è Gorizia che esprime un rotondo e deciso “no” alla distribuzione di pasti in vaschette monoporzione alle scuole d’infanzia e primarie. Peraltro, quello delle mense scolastiche è un tema tradizionalmente molto sensibile in città: ne sapeva qualcosa il compianto Ettore Romoli quando decise di mettere mano all’intera organizzazione causando proteste a non finire.
L’assessore ai Servizi educativi Silvana Romano mette in luce come il servizio di ristorazione scolastica cittadina rappresenti oggi un fiore all’occhiello. «Nei tre centri cottura viene sfornato un numero medio di pasti scolastici giornalieri di 1.000 e oltre, di cui 160 per i nidi, 600 per le scuole infanzia, 250 per la scuola primaria e 60 per la mensa del centro Lenassi. E si tratta di un sistema collaudato che assicura un servizio di alta qualità che, a un mese dall’avvio delle scuole, è già stato strutturato per assicurare il più rigoroso rispetto di tutte le misure anti-contagio salvaguardando l’alto livello del servizio stesso. Ritegno inaccettabile che oggi si cambino le carte in tavola creando grande scompiglio e forti problemi, senza coinvolgere preliminarmente i Comuni senza alcun rispetto verso le famiglie ma anche verso chi ha lavorato senza sosta in questo periodo per assicurare la ripartenza delle scuole».
Ancor più deciso il sindaco Rodolfo Ziberna. Non vuole perdere quello che definisce «un patrimonio di grandissima qualità della ristorazione scolastica cittadina». «Aderisco sicuramente alla presa di posizione dell’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) che ha inviato una lettera al ministro della Pubblica Istruzione Lucia Azzolina in cui si spiegano i motivi per cui la scelta di adottare il sistema delle monoporzioni sarebbe deleterio. Da qualsiasi punto di vista - attacca -. Questa modalità, infatti, rischia di determinare un decadimento della qualità dei pasti, tenendo presente che, oggi, a Gorizia, abbiamo un livello molto elevato dei cibi che vengono somministrati ai nostri bambini, con il 60% di biologico, oltre a prodotti dop».
Il menù, peraltro, è concordato con l’Azienda sanitaria e il tutto viene preparato in tre centri cottura con personale specifico: 16 persone fra cuochi e ausiliari e altre 10, “fornite” da una ditta del settore, che si occupano dello scodellamento. «Quindi, tutto è fortemente controllato e garantito. Senza parlare della sicura moltiplicazione di contenitori da confezionare e trasportare e, quindi, di costi aggiuntivi che i Comuni non saranno in grado di sostenere. Ci saranno, inoltre, montagne di nuovi rifiuti, indipendentemente dalla compostabilità o meno degli stessi. La sicurezza in chiave anti Covid-19 - rimarca il sindaco - può senza dubbio essere garantita in altro modo e, su questo, i Comuni si erano già opportunamente attrezzati». —
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