«No ai profughi». Sfregiata la mensa Caritas di Trieste
TRIESTE In fuga dalla guerra sono arrivati fino a Trieste. Sono arrivati nel giorno in cui i vandali hanno scritto con lo spray sul portone della Caritas di via dell’Istria «No immigrazione» e hanno spaccato la serratura della mensa dove ogni giorno vengono serviti 400 pasti agli stranieri, ma anche ai triestini poveri. Un’offesa che segna il livello di intolleranza. «Sono segnali che addolorano», ha detto don Alessandro Amodeo, il direttore della Caritas. Ha aggiunto: «Sono segnali che preoccupano e che rischiano di provocare grossi danni». «Sono gli imprenditori dell’odio, vivono di queste cose», ha commentato il direttore del Consorzio di solidarietà Gianfranco Schiavone.
I trenta migranti in buona parte afghani sono stati trovati verso le 10 all’altezza del raccordo di Banne e poi lungo la provinciale Trieste Opicina e altri ancora nei pressi della strada di Sgonico: sono le avanguardie della marea umana che nei giorni scorsi ha sfondato in Macedonia. A trovarli sono stati i carabinieri e gli agenti della Frontiera. Camminavano in fila. Alcuni avevano appena superato la boscaglia, dove probabilmente avevano passato la notte. Quando hanno visto le auto con i lampeggianti, si sono messi in mezzo alla strada e hanno alzato le braccia per farsi notare e chiedere aiuto. Alcuni automobilisti si sono spaventati e hanno telefonato alla polizia e ai carabinieri. Subito sono scattate le ricerche in tutta la zona. E in breve è finita l’odissea dei disperati in fuga dalla guerra.
Una trentina, si diceva, quelli trovati. Quasi tutti afghani, salvo due pakistani. Ma è probabile - secondo la polizia - che il gruppo all’origine fosse stato ancor più numeroso. E che altri nuclei di tre, cinque persone siano riusciti a disperdersi e allontanarsi prima dell’arrivo degli uomini in divisa seguendo i sentieri lontani dalle strade asfaltate. Dunque almeno 50-60 persone, forse anche di più. Un numero certamente importante per Trieste. Un numero che dimostra che anche qui si è riaperto con violenza il nuovo fronte: quello dell’emergenza immigrazione al confine nord orientale. Non più solo quello del Sud, delle coste di Lampedusa, con l’arrivo di migliaia di disperati provenienti dalla Libia sui barconi, ma anche il Nord-est e in particolare il confine della provincia di Trieste passando attraverso i Balcani.
Il gruppo si trovava fino a poco prima all'interno del rimorchio di un camion. I migranti sono stati fatti scendere nel timore dei controlli delle forze dell’ordine nella fascia di retrovalico. In settanta hanno camminato in fila per un paio di chilometri fino al raccordo. In meno di mezz'ora almeno una trentina si sono dispersi lungo le strade del Carso. Chi era in strada è poi stato accompagnato a bordo di un pulmino al distaccamento di Opicina della Frontiera e alla stazione del carabinieri. Lì hanno potuto mangiare e bere e trovato un giaciglio dove riposarsi per qualche ora, dopo un viaggio da bestie. E lì alcuni sono stati interrogati. Ma sono emersi ben pochi particolari sul loro viaggio della speranza attraverso i Balcani. Quasi tutti hanno chiesto l’asilo politico.
Per settimane i migranti fermati al confine sono stati costretti a viaggiare nella pancia soffocante di un tir: pigiati in pochi metri quadrati. Niente cibo, solo qualche bottiglia d'acqua e un angolo dove fare i bisogni. Affamati, debilitati, poco vestiti. Gli sguardi persi. Il viaggio, così hanno verbalizzato gli investigatori, era iniziato due mesi fa con tappe in Iran e poi in Turchia. In Turchia qualcuno ci è arrivato dopo settimane di cammino a piedi. Altri invece hanno coperto la distanza che separa quel Paese dagli sperduti villaggi di provenienza a bordo di sgangherati vagoni ferroviari. Poi in Grecia e da lì verso l’Europa. Fino a Trieste. «Stasera (ndr, ieri sera) - ha detto don Amodeo - molti di questi migranti saranno alla nostra mensa». La stessa vigliaccamente presa di mira dai vandali.
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