Nipote minorenne abusata. Lo zio finisce in Tribunale
GORIZIA La rivelazione era avvenuta durante una lezione in classe. L’insegnante stava trattando il tema del turismo sessuale in Thailandia. La ragazzina, allora 14enne, s’era alzata dicendo davanti ai compagni e alla docente: «È successo anche a me con mio zio». Ora l’uomo sta affrontando il processo, al Tribunale di Gorizia, accusato di aver abusato sessualmente della nipote per un periodo di tempo che va dai 12 fino ai 14 anni di lei.
I fatti risalgono al periodo dal 2011 al 2013. Il giovane, di origini straniere così come la presunta vittima, è imputato di aver carpito la fiducia della ragazzina. Non gli viene contestata una violenza sessuale completa, ma una serie di toccamenti mirati a raggiungere un contatto sessuale: questa è l’ipotesi della pubblica accusa. Gli episodi sarebbero avvenuti nell’abitazione dell’uomo, ma anche della stessa nipote o di altri congiunti, in occasione di incontri conviviali tra le famiglie. Viene contestato anche il fatto che il giovane sarebbe riuscito a distendere la nipote sul letto cercando poi di simulare l’atto sessuale.
Il processo si sta svolgendo a porte chiuse, visto che coinvolge quella che, all’epoca dei fatti, era una minorenne. Il dibattimento dovrà pertanto fare chiarezza su quanto avvenuto, sulla base delle esclusive dichiarazioni della ragazzina. L’insegnante, nel momento della rivelazione della studentessa, aveva provveduto ad interrompere la lezione, al fine di approfondire con la dovuta delicatezza quanto la ragazzina aveva appena spiegato in classe. Aveva così accompagnato la quattordicenne in un luogo appartato, sondando l’effettiva portata di quanto dichiarato in aula. E la ragazzina aveva confermato, pur in modo confuso. Nei giorni successivi era stata ancora ascoltata dall’insegnante, ed era stata quindi inoltrata la segnalazione alla Procura.
Ne era seguita la convocazione della studentessa da parte della Polizia, e durante un lungo colloquio lei aveva cambiato versione, ritrattato il racconto precedentemente fornito, e sostenendo piuttosto di aver frainteso le intenzioni dello zio. In seguito s’era tenuta anche una riunione di famiglia, per affrontare “de visu” con il giovane il grave problema. Gli era stato chiesto esplicitamente di dire la verità, e se così fosse stato, di riconoscere le proprie responsabilità. L’uomo aveva negato ogni addebito. «Scherzavo, lei voleva solo giocare con me», sarebbe stato questo il senso della sua risposta ai famigliari. Tuttavia, le affermazioni del giovane sarebbero state percepite in modo diverso.
L’indagine a quel punto aveva comunque già intrapreso il suo percorso. Nel 2015 era stato disposto un incidente probatorio. La ragazzina, che nel frattempo aveva compiuto 16 anni, era stata ascoltata alla presenza della madre. E in quella circostanza era tornata alla versione originaria, raccontando anche ulteriori fatti. Il processo s’era infine aperto nel dicembre 2017.
Il difensore dello zio, l’avvocato Massimo Macor, consapevole della delicatezza del caso, ha osservato: «Abbiamo contestato il fatto che in sede di incidente probatorio fosse stata presente la madre, anziché una psicologa, una professionista esperta in materia di minori». Il legale ha posto in evidenza un aspetto: «A mio avviso, la minore all’epoca viveva in una situazione conflittuale, all’interno di un contesto famigliare più rigoroso rispetto alle dinamiche occidentali. La ragazzina era controllata all’estremo, conducendo pertanto una vita diversa rispetto alle sue coetanee. Il dubbio è se la rivelazione in classe sia stata effettivamente autentica o se, invece, fosse stato un modo, innocente considerando le caratteristiche dell’età adolescenziale, per farsi semplicemente notare».
Sarà comunque il processo a stabilire cosa sia accaduto realmente. —
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