Niente segnale Rai? Non paghi il canone

Secondo il garante del contribuente, che smentisce l’Agenzia delle entrate, nulla sarebbe dovuto
Il pagamento del canone Rai è un tema sempre caldo
Il pagamento del canone Rai è un tema sempre caldo

Non ricevete i segnali Rai? Avete il diritto di non pagare il canone. Almeno così sostiene il garante del contribuente del Friuli Venezia Giulia, che si è espresso così contestando una presa di posizione contraria della direzione torinese dell'Agenzia delle entrate.

Una risposta che certo interesserà un numero di persone non indifferente che in diverse parti della regione (soprattutto nell'udinese e nel pordenonese) ha lamentato l'impossibilità di ricevere il servizio per cui hanno pagato. Il pronunciamento del garante arriva in seguito a un esposto del tributarista Alessandro Perusin di Cervignano del Friuli, che spiega: «La vicenda ha avuto inizio negli ultimi mesi del 2014. In quel periodo la Rai ha variato la trasmissione del segnale provocando la mancata ricezione dei primi tre canali a molti utenti delle province di Udine e Pordenone».

Questi, prosegue Perusin, si son visti costretti «ad affrontare costi di antennista ed di adeguamento, a volte consistenti (anche oltre mille euro) per adeguarsi al nuovo segnale Rai».Di fronte a tanti intoppi Perusin ha ritenuto «non dovuto» il pagamento del canone e si è rivolto al garante regionale Carlo Dapelo, che ha interpellato l'Agenzia delle entrate di Torino. Questa ha risposto "picche" alla richieste del dottor Dapelo, spiegando che «il canone lo deve pagare chiunque possieda un "apparecchio atto alla ricezione». Poco importa se in quel punto la ricezione non è possibile, con apparecchio o meno.

Ieri il garante ha espresso la propria contrarietà al responso dell'Agenzia. «L'assunto dell'Agenzia delle entrate - scrive Dapelo - secondo cui il presupposto dell'obbligo tributario di corrispondere il canone di abbonamento radiotelevisivo risiede nella semplice detenzione di un apparecchio atto alla ricezione delle trasmissioni a prescindere dalla circostanza che non sia possibile, per carenza di segnali, ricevere i programmi della concessionaria del servizio pubblico non può essere condiviso».

Il garante si richiama quindi alla regola del "inademplenti non est adimplendum", secondo la quale una delle due parti di un contratto può non adempiere la propria obbligazione ove l'altra parte si rifiuti di adempiere la propria.
La legge 212 del 2000, aggiunge il garante, prevede testualmente che «i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede». A queste condizioni l'erogatore pubblico avrebbe il dovere morale e non solo, scrive Dapelo, di non imporre al cittadino un balzello per un servizio impossibile da ricevere: «In virtù di tale principio - prosegue il garante - la pubblica amministrazione dovrebbe esimersi dall'esigere il pagamento di un'imposta concernente un servizio che non può essere assicurato».
 

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