Niente psicosi per il virus, serve razionalità

TRIESTE. Qualche buona notizia sul coronavirus. L’infezione in Cina registra un netto calo nel numero di casi, sabato scorso meno della metà del giorno precedente. E l’Oms ha certificato che il virus causa soltanto sintomi lievi in quattro soggetti su cinque infettati. Pessime invece le notizie che vengono dal nostro Paese, specialmente per la psicosi collettiva che stiamo vivendo.

Intendiamoci: l’infezione con Sars-CoV-2 è una cosa seria e grave, e va decisamente contenuta. Ma se non dobbiamo abbassare la guardia, la reazione deve essere proporzionata e razionale. Vivo a Londra la maggior parte del tempo; negli aeroporti londinesi, con un traffico internazionale di passeggeri, la notizia del virus è relegata a qualche locandina che allerta i viaggiatori da e per la Cina. In Italia, invece, sembra di essere in una zona di guerra. I giornali del Regno Unito, che pure ha registrato una decina di casi e il primo diffusore fuori dalla Cina, riportano le notizie con misura e sobrietà.

Tutti fanno riferimento all’autorità governativa, British Health England, equilibrata nel riportare le notizie e puntuale nel dettare le linee guida. Stessa situazione in Francia e Germania. In Italia, invece, sembrano imperare improvvisazione e approssimazione e mancare punti di riferimento affidabili nazionali, con le decisioni prese a livello di amministrazioni locali senza una regia sanitaria basata sui fatti. E, soprattutto, sostenuta da un’informazione strillata e frenetica sui social e, ahimè, anche sui media nazionali.

Che il virus sarebbe uscito dalla Cina era cosa attesa, e puntualmente sta accadendo ora in una trentina di Paesi al mondo. Due le reazioni possibili a questi focolai: isolare i malati e i loro contatti prossimi per contenere il più possibile la diffusione, come stanno facendo per ora gli altri Paesi europei. Oppure blindare una gran parte del Paese, chiudendo scuole, università, stadi e teatri, bloccando i viaggi delle scuole e istillando panico, come sta facendo ora l’Italia. Meglio eccedere che pentirsi, si dirà. Non ne sono certo.

I danni economici al tessuto produttivo del Paese sono già enormi, e si sommano a quello del panico generato nei viaggiatori che non verranno più in Italia e a quello degli Italiani che saranno bloccati ai confini in uscita e forse messi in quarantena una volta arrivati all’estero. E si aggiungeranno anche a quelli già causati nei rapporti con la Cina a causa del blocco dei voli, che la situazione attuale sta già dimostrando essere stato inutile. C’è da augurarsi che chi ha deciso le misure draconiane di questi giorni abbia ponderato fino in fondo sulla loro gravità per il Paese. 

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