Niente alimenti al figlio, mamma verso il processo

La donna non ha mai pagato le spese per il ragazzino affidato dai giudici al padre. Il gip respinge l’archiviazione: «Nessun motivo valido per non versare il dovuto»
Il tribunale di Trieste
Il tribunale di Trieste

Il Tribunale dei minori ha affidato suo figlio al papà e non a lei. Ma lei poi non ha pagato gli alimenti al papà, che l’ha denunciata. E così adesso si ritrova nell’anticamera di un processo per violazione degli obblighi di assistenza familiare. È insomma un caso al rovescio rispetto alla prassi (prassi che coinvolge in larga prevalenza uomini) e pure un caso limite (visto che dall’ambito civile si sfocia nel penale, pur trattandosi di 150 euro al mese non versati dallo scorso dicembre) quello che sta coinvolgendo L.P., 46 anni, mamma di un 14enne che vive appunto con il padre di 51 anni A.F. per decreto del Tribunale per i minorenni di Trieste.

La scorsa settimana, in effetti, il giudice per le indagini preliminari Luigi Dainotti non ha accolto la seconda richiesta di archiviazione del fascicolo a carico della donna formulata dal pubblico ministero Pietro Montrone e ha disposto, in base alle facoltà che gli dà il Codice di procedura penale, che lo stesso pm formuli entro dieci giorni proprio l’imputazione per violazione degli obblighi di assistenza familiare. È una carta, questa, che serve al gip per poter poi mandare formalmente a processo la donna sulla base di un vero e proprio rinvio a giudizio. «La domanda di archiviazione - si legge per l’appunto nel provvedimento del giudice Dainotti - nei termini formulati non può essere accolta in quanto l’indagata non ha offerto una valida giustificazione della sua condotta e gli ulteriori atti di indagine preliminare richiesti da questo gip, nuova audizione della parte offesa ed accertamenti patrimoniali, giustificano il rinvio a giudizio ai fini di un approfondimento dibattimentale, apparendo idonei a sostenere l’accusa in giudizio». Tale “round” giudiziario, dunque, se lo prende il papà del 14enne, secondo il quale - come recita la seconda opposizione all’archiviazione del fascicolo presentata a fine maggio dal suo legale, l’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano - «il fatto di non voler rinviare a giudizio la signora..., che in ogni caso non risulta essere nullatenente, significa dar man forte a tutti quei genitori che non vogliono pagare neppure quei minimi assegni alimentari dovuti per provvedimento giudiziale». E ancora: «Il fatto che un minore non sia in “stato di bisogno” perché vi è l’altro genitore a provvedere, non fa venir meno la rilevanza penalistica dell’inadempimento del genitore obbligato».

Già, perché è proprio lungo lo spartiacque tra ambito civile e penale che il caso di fatto ha “camminato” ed è stato affrontato da gennaio scorso, ovvero dal momento della querela del padre. La mamma - scrive ancora l’avvocato de’ Manzano - «mai ha adempiuto spontaneamente al pagamento delle spese straordinarie a favore del figlio, tanto da costringere il padre a procedere giudizialmente per il recupero delle stesse». Quindi un decreto del Tribunale, «confermato in sede d’appello, ha posto a carico della signora... un assegno di mantenimento mensile per il minore nella misura pari a 150 euro a partire da dicembre 2013», ma «la signora... nulla ha onorato, nonostante i solleciti». Una situazione che il pm ha ritenuto per due volte oggetto di causa davanti a un giudice civile, al punto di chiedere come detto l’archiviazione «perché il fatto non sussiste, ravvisandosi nel mancato versamento della somma di soli 150 euro mensili, posta a carico dell’indagata, un inadempimento di rilevanza meramente civilistica». L’avvocato de’ Manzano, altrettanto per due volte, ha obiettato, richiamando un pronunciamento della Cassazione del 2012 in base alla quale «non vi è un limite minimo alla fattispecie penalistica, nel senso che la violazione di un qualsiasi importo degno di essere qualificato quale “mezzi di sussistenza” integra la fattispecie» dell’ipotesi di reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare previsto dal Codice penale: «nella nozione penalistica di “mezzi di sussistenza” debbono ritenersi compresi non più solo i mezzi per la sopravvivenza vitale, quali vitto e alloggio, ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana, quali ad esempio abbigliamento, libri di istruzione, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione».

@PierRaub

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