Nessun colpevole per la Val Rosandra
Nessuno scempio, nessun disastro ambientale. Semmai un lifting, in Val Rosandra. Dopo quattro anni, tra istruttoria e processo, il caso che aveva mobilitato legioni di ambientalisti si è concluso con l’assoluzione piena. Nessuna responsabità. Anzi: hanno fatto bene a tagliare gli alberi.
«Esco a testa alta, come a testa alta sono entrato», ha detto l’ex vicepresidente della giunta regionale Luca Ciriani pochi istanti dopo aver udito il giudice Marco Casavecchia pronunciare la parola “assoluzione”, per lui e per l’allora capo della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso, per il funzionario Cristina Trocca e l’operativo Adriano Morettin. Per tutti il pm Antonio Miggiani nel corso del processo aveva chiesto una condanna esemplare, considerati i reati contestati: un anno di arresto e duemila euro di multa.
Dopo la sentenza il magistrato se n’è andato senza rilasciare dichiarazioni. E dunque resta il mistero sull’eventualità di un suo ricorso in Appello, peraltro già annunciato dal Wwf, cioè l’associazione ambientalista che aveva presentato l’esposto dal quale è scattata l’inchiesta. In particolare la sentenza del giudice Casavecchia - le cui motivazioni saranno depositate tra 90 giorni - ha assolto Ciriani e gli altri tre perché il fatto non sussiste riguardo l’accusa di deturpamento di beni ambientali in un sito protetto e perché il fatto non costituisce reato per le altre accuse. Insomma, per farla breve, il giudice ha accolto in toto la ricostruzione dei difensori, gli avvocati Luca Ponti, Caterina Belletti e Paolo Pacileo. Ponti (difensore dei vertici della Protezione civile) nella scorsa udienza, riferendosi alle richieste del pm, aveva parlato di «dissociazione dalla realtà» soprattutto alla luce delle conclusioni della perizia affidata dal giudice al geologo Cristiano Mastella che aveva definito l’intervento del marzo 2012 - il taglio di 41 piante di alto fusto nell’alveo del torrente Rosandra - idoneo a prevenire i rischi e adeguato a scongiurare il rischio idrogelogico paventato. Ieri ha chiosato: «Avevamo tutti contro, ma avevamo ragione. Non voglio usare toni trionfalistici. Ma è emersa la totale e assoluta estraneità ai fatti da parte degli accusati».
Una giornata memorabile, insomma: Ciriani dopo la sentenza è riuscito a essere simpatico tirando fuori forse uno dei primi sorrisi della sua vita. «È stato - ha detto - un processo sul nulla. O meglio un processo politico. Del quale altri dovrebbero chiedere scusa. Perché siamo stati accusati di aver fatto solo il nostro dovere. Ieri sono morti cinque italiani a causa del dissesto idrogelogico avvenuto in un’altra regione. Dobbiamo pensare a questi fatti. Questo processo che ha riguardato 38 alberi è costato almeno 100mila euro. Sono stati soldi spesi per niente. Non quelli della Protezione civile ai cui volontari dedico questa assoluzione». E poi riferendosi al Wwf (l’inchiesta del pm Miggiani era partita da un esposto dell’associazione ambientalista) l’ex vicepresidente della giunta Tondo è andato giù duro ancor di più: «Non dobbiamo soccombere di fronte a certi ambientalisti. Sono ecologisti da salotto e dovrebbero chiedere scusa perché i volontari della Protezione civile sono stati insultati e diffamati. Sono persone alle quali occorre dare rispetto. E questo processo non le ha rispettate». Gli ha fatto eco l’avvocato Belletti: «Ciriani doveva uscirne fin dall’inizio. Si è capito subito che non c’entrava. Tra i poteri dell’assessore non c’è quello di non firmare un decreto. Ciriani ha semplicemente recepito il contenuto delle relazioni tecniche e non poteva fare altro».
Paolo Pacileo, difensore del tecnico operativo Adriano Morettin, commenta in maniera ironicamente caustica. «D’altra parte - ha detto - era emersa fin dall’inizio la legittimità dell’azione della Protezione civile. Questo processo - ha rilevato Pacileo - si è sviluppato sulla base delle emozioni popolari». E ripete ancora Ciriani: «Dovrebbero vergogarsi, questi ecologisti da salotto».
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