Nell'Est Europa le ferie restano un lusso per pochi
BELGRADO. Sono ormai da anni membri del club europeo che conta, l’Ue. Hanno sperimentato decenni di sviluppo, conosciuto di recente un generalizzato aumento dei salari. Ma una “Cortina di ferro” virtuale continua a separare Ovest ed Est in Europa: lo fa sugli standard di vita, sulle retribuzioni, sulla qualità del cibo. Ma anche sulla possibilità di andare in vacanza. Vacanze che sembrano essere prerogativa solo degli europei dei Paesi più ricchi, secondo quanto hanno confermato in questi giorni dati di Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione europea.
L’Eurostat ha voluto verificare se per tutti gli europei l’estate coincida con “vacanze e viaggi”. Non è così per tutti, non certo «per un terzo della popolazione» dell’Ue che «non può permettersi» neppure «una settimana di ferie all’anno, via da casa», ha certificato Eurostat. E di quel terzo, una rilevante percentuale vive sui confini orientali dell’Ue o nell’Europa centrale. A non potersi permettere, per le scarse risorse economiche, ferie neppure per sette giorni sono stati l’anno scorso soprattutto i romeni, che con il 66,6% guidano la classifica degli europei stanziali, loro malgrado. Va meglio, ma di poco, la Croazia, ultimo Paese ad aver aderito all’Unione, dove ben il 63% dei cittadini non è in grado di mettere da parte il denaro per una settimana di vacanze fuori porta. Segue a ruota la Bulgaria, col 56,4%. Poco distante l’Ungheria, col 50,7% di “senza ferie”. Ben sopra la media Ue del 32,9% di persone che non possono concedersi una vacanza anche Polonia, Slovacchia e Lituania, ben oltre il 40% - come del resto l’Italia (al 45% nel 2016) – e la Lettonia. Sotto la media restano pochissimi Paesi dell’area, tra cui Slovenia (26,9%), Cechia (28,9%) ed Estonia (29,7%).
Solo ombre, in questo quadro? Non solo. «Negli ultimi cinque anni», infatti, «il numero di chi non può permettersi una settimana di vacanze lontano da casa è diminuito in tutti gli Stati membri dell’Ue», con poche eccezioni come la Grecia, ha puntualizzato infatti Eurostat. E fra le decrescite maggiori spiccano proprio quelle di vari Paesi dell’Europa centro-orientale, segnale di una ripresa dell’economia nell’area e anche di maggiore fiducia tra la gente. Paesi come la Lettonia, dove dal 63,4% del 2011 si è scesi al 37,1% del 2016 (-26%), la Polonia (-19,3%), la Bulgaria (-17%) e anche l’Ungheria (-15,6%). Non ci sono invece termini di paragone per altri due Paesi balcanici, Macedonia e Serbia, ancora esclusi dall’Ue. Ma nel 2015, erano entrambi in cima alla classifica del “vorrei ma non posso” delle vacanze mancate, rispettivamente con il 64 e con il 68,5% secondo dati Eurostar.
Percentuali che parlano non solo di bassi standard di vita, o non comparabili con quelli di molti Paesi dell’Europa occidentale, ma che nascondono anche fenomeni diffusi e curiosi. Come quello delle “vacanze a credito”, diffuse nei Balcani e a Est tra chi non vuol rinunciare a qualche giorno al mare della Croazia o della Grecia. Vacanze che vengono pagate attraverso prestiti cash o al consumo e proprio la primavera e l’estate sono i periodi «in cui si accendono più prestiti in contanti», ha ricordato nei giorni scorsi ai media serbi Aleksandar Vasiljevic, un esperto dell’università di Novi Sad. I dati ufficiali confermano, parlando di aumenti di circa 60 milioni di euro nei prestiti che vengono generalmente chiesti tra maggio e giugno solo in Serbia. Lo stesso accade in Bosnia, dove varie banche offrono «prestiti turistici» e sempre più «cittadini li chiedono per le ferie, pagando a rate l’anno dopo», per cifre che vanno dai 700 ai 3mila marchi convertibili, dai 350 ai 1.500 euro, ha raccontato il Vecernij list. Stesso scenario anche in Romania, dove più che banche sono agenzie di prestiti a offrire soldi. Spesso unica via per potersi regalare una striminzita settimana di svago.
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