Nelle vigne dell’Isontino tante opportunità di lavoro. Simonit: «Ma gli italiani snobbano questo lavoro»

TRIESTE C’è lavoro in abbondanza tra le vigne del Friuli Venezia Giulia. Anche per gli italiani. Basta prepararsi e imparare. A sottolinearlo è Marco Simonit, amministratore delegato di Simonit&Sirch Vine Master Pruners, azienda di Corno di Rosazzo di consulenza e formazione nell’allevamento della pianta da vite, a valle della scelta di Martin Foradori Hofstätter, famoso vignaiolo di Termeno, di noleggiare un aereo per far arrivare dalla Romania un gruppo di lavoratrici specializzate nel lavoro in vigna. Un’operazione effettuata per l’asserita difficoltà di reperire personale altrettanto competente in Italia. «Il problema sta emergendo in modo drammatico in questo momento di pandemia, che ha bloccato le frontiere – dice Simonit –. La natura non si ferma, le aziende hanno bisogno di manodopera preparata e specializzata nelle vigne e non la trovano in Italia, perché gli italiani snobbano questi lavori, nonostante si parli tanto di ritorno all’agricoltura, di lavoro green».
Aziende vitivinicole di medie dimensioni, come quella condotta da Enzo Lorenzon con i figli Davide e Nicola nella Bisiacaria, a San Canzian d’Isonzo, non stanno però di fatto soffrendo, dopo aver optato negli anni per la stabilizzazione del personale. «Abbiamo una decina di “stagionali”, che lavorano però una decina di mesi all’anno – spiega Lorenzon –, effettuando una pausa dopo la vendemmia o a cavallo tra vecchio e nuovo anno. I lavoratori, anche quelli di origine straniera, un rumeno e due cambogiani, che già erano impiegati nel settore in Toscana, sono quindi sempre con noi, per la potatura invernale, quella in verde e la vendemmia, stagione dopo stagione. È una soluzione che costa di più, ma paga se si punta alla qualità». Il fabbisogno sale comunque di una ventina di unità per la vendemmia (realizzata al 60% con mezzi meccanici), attingendo al territorio o alla vicina Slovenia. La formazione, quindi, è importante per le aziende e lo conferma Simonit, la cui società dal 2009 ha aperto la Scuola Italiana di potatura della vite. «I corsi ora sono anche on line – specifica –. Per chi vuole imparare un lavoro qualificato, e quindi anche ben retribuito, ci sono tutti gli strumenti per poterlo fare. Da anni stiamo formando squadre di manodopera specializzata per le principali aziende vinicole del mondo, che ricorrono alla nostra consulenza perché sono ben consapevoli che il lavoro nei vigneti, che sono il loro grande patrimonio, non può essere affidato a personale impreparato».
Per l’amministratore delegato di Simonit&Sirch non è solo una questione di emergenza post Covid-19, ma un discorso più generale e molto serio, che va affrontato una volta per tutte. «Per creare un vero Made in Italy del vino, bisogna ripartire da qui – sottolinea con forza Simonit, chiamando ad esempio l’esperienza francese –, riprendendo a lavorare fra i filari. Un lavoro sostenibile, local, senza impatto ambientale, sano perché fatto all’aria aperta e, di questi tempi, anche sicuro, perché è facile mantenere il distanziamento. Non posso che ribadire: preparatevi, imparate. Nelle aziende vinicole c’è lavoro fin che ne volete». Tanto più in questo 2020 che almeno sotto il profilo della resa e della qualità del prodotto dei vigneti si profila decisamente promettente. «Per ora è una bella annata, perché la primavera è stata soleggiata – spiega Enzo Lorenzon –. Forse è mancata un po’ d’acqua, almeno nella nostra zona, ma non ci lamentiamo rispetto al maggio del 2019, molto piovoso e freddo». La questione di fondo, per i produttori, è, però, se riusciranno a vendere, in Italia e all’estero, a fronte di un settore della ristorante e turistico in forte difficoltà. —
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