Nella cappella di Cologna si può pregare 24 ore su 24

Sotto la chiesa di Pietro e Paolo compie 8 anni l’unico luogo della regione dedicato all’adorazione perpetua: è sempre aperto grazie ai volontari
Di Gianpaolo Sarti
Lasorte Trieste 31/08/13 - Via Cologna, Cappella Chiesa SS.Pietro e Paolo
Lasorte Trieste 31/08/13 - Via Cologna, Cappella Chiesa SS.Pietro e Paolo

Seconda stella a destra, giù fino al mattino. L’isola che c’è, a Trieste, è in via Cologna, sotto la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, a un passo dall’Università. Una piccola cappella dedicata all’adorazione perpetua, aperta a tutti. Giorno e notte, per l’intero anno. Una croce, la Bibbia sul leggio, un paio di candele. E, sull’altare, l’esposizione dell’Eucarestia. Che poi è il corpo di Cristo per chi crede, illuminato da una luce. Per stare lì, in silenzio, e pregare. Con un particolare che rende il luogo originale, anzi unico almeno in regione: dentro c’è sempre qualcuno. Pure di notte. «Il custode di chi ci custodisce, cioè Gesù», sorride Eugenia Marasso. Pensionata, sposata e attiva in parrocchia, organizza i volontari per garantire ventiquattr’ore su ventiquattro la copertura del servizio.

Affidato a giovani o professionisti di ogni genere, mamme, papà e consacrati che arrivano da varie chiese del decanato. Trecento persone in tutto che, a turno, si mettono a disposizione per un’ora o due la settimana. Non è stata un’impresa facile per don Fabio Ritossa, allora responsabile della parrocchia, portare a Trieste l’esperienza dell’adorazione perpetua. Era maggio del 2005 quando, sull’esempio di altre realtà in Italia, non più di una ventina, il sacerdote decise di provare anche ai Santi Pietro e Paolo, ora guidata da don Fabio Gollinucci. Servì l’aiuto di un missionario argentino che si occupava proprio di aprire cappelle di questo tipo nel Paese. È restato in città tre mesi per avviare il progetto, partito con la benedizione del vescovo Ravignani.

«Avevo visto che alcune chiese in Italia avevano fondato la loro attività pastorale sulla preghiera con l’adorazione eucaristica .- ricorda Ritossa - e mi pareva bello tentare da noi. Sembrava una cosa difficile ma, seppur con qualche ostilità, con il Signore abbiamo superato tutto. Oggi la gente ci ringrazia della possibilità di stare davanti a Gesù in qualsiasi momento del giorno e della notte». Chiedere a Ester Lot, Sharon Cerniani e Davide Zanutti. Tre amici che, sull’esperienza in via Cologna, hanno molto da raccontare. Davide, seminarista di 44 anni, ci va ogni giorno: «Per me è un’oasi - spiega - un incontro quotidiano con Gesù necessario per sentire che Dio mi ama». Ester, 26 anni, laureata in Economia, ha il turno settimanale. «Io, che sono di Treviso, quando ho scoperto questa cosa a Trieste sono rimasta colpita. Ai tempi dell’università, prima o dopo lezione, mi fermavo spesso». Ora continua con il servizio: «È un atto di fede, preghiamo per le persone che incontriamo durante il giorno. E per me, avere davanti Gesù nell’Eucarestia, è sentirmi abbracciata. Perché stare con il corpo di Cristo permette di scoprire il proprio valore, la tua immagine di figlio di Dio». Sharon annuisce. Ha trent’anni, lavora nel sociale. “In cappellina trovo pace - riflette - lascio i miei pesi». Non sono pochi quelli che, anche di notte, vengono qui. Non a caso, scherzandoci su, qualcuno chiama la chiesetta “il pronto soccorso dello spirito”. Un rifugio. «Sì - riprende Sharon - per me lo è. Nei momenti di dubbio, di difficoltà, c’è sempre Gesù vivo. Le mie lacrime qui sono lacrime che guariscono». La sfida «è capire che la cappella non è solo un posto dove trovare pace, ma è l’Eucarestia - osserva don Fabio Gollinucci, il parroco - il centro della vita cristiana». Ci si chiede come possa resistere una chiesa aperta ininterrottamente, da otto anni. La risposta è in fondo, dietro ai banchi, nel libro delle testimonianze. O, per alcuni, basta guardare davanti, sull’altare.

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