Nel tesoro di Scavone 5 milioni in contanti
Dai milioni di euro in contanti alle ville. Dai lingotti d’oro ai gioielli. Dalla Ferrari allo yacht di 17 metri. E poi quadri e Rolex. Non c’è che dire: è un vero e proprio tesoro quello sequestrato al gruppo Alma dalla Guardia di finanza di Napoli.
Un patrimonio che, secondo gli inquirenti, sarebbe riconducibile proprio ai principali indagati nella maxi inchiesta per evasione scoppiata in queste settimane: l’amministratore di fatto della società Luigi Scavone (ex presidente della Pallacanestro Trieste) e il presunto complice Francesco Barbarino.
La somma evasa dal gruppo Alma e dalle altre imprese collegate, attuata attraverso il meccanismo delle compensazioni fiscali, ammonterebbe a ben 70 milioni. Il sequestro preventivo disposto dalla magistratura, pari a una cifra equivalente a quella fruttata illegalmente, è stato disposto nei confronti sia delle 32 aziende del gruppo sia dei beni degli inquisiti.
Ma ora emerge nel dettaglio la quantità di soldi di cui disponevano gli imprenditori e il lusso in cui vivevano.
A conti fatti i finanzieri hanno messo i sigilli su circa 5 milioni di euro in contanti e 17,3 milioni depositati sui conti correnti. Ma nell’elenco figurano anche 16 immobili, tra cui una villa a Capri, una a Sperlonga e una a Santa Maria Capua Vetere (con venti vani). E poi le auto: Ferrari, Bmw, Mercedes e Land Rover. Ecco poi lo yacht di oltre 17 metri, i 5,3 kg di lingotti d’oro per un valore di 190 mila euro e i Rolex (sessanta, per l’esattezza). Non mancavano, come già trapelato nei giorni scorsi, le opere d’arte: quadri a firma di Francesco Musante, Franz Borghese, Mario Schifani, Christophe Mourey e Andy Warhol.
Come detto si tratta dei beni sottoposti a sequestro riconducibili ai principali indagati nell’ambito dell’inchiesta condotta nei confronti del gruppo Alma dai militari del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Napoli, coordinati dalla Procura partenopea. Una indagine durata quasi due anni, che ha visto l’impiego di un centinaio di uomini, culminata lo scorso 26 marzo con l’arresto di dieci persone ritenute responsabili della maxi frode fiscale. Tra cui Scavone. Sarebbero stati sottratti alle casse dello Stato oltre 70 milioni di euro di imposte evase. La frode, che sarebbe stata realizzata in tre fasi, permetteva di non pagare imposte, contributi previdenziali e assistenziali proprio attraverso la compensazione di crediti tributari fittizi. In altri termini alcune società, prive di strutture operative o mezzi imprenditoriali adeguati, le cosiddette «cartiere», formalmente estranee al gruppo ma di fatto riferite ai due imprenditori, creavano un credito Iva inesistente con false fatturazioni. Il credito veniva ceduto alle società del gruppo con un contratto certificato da professionisti compiacenti. In questo modo le imprese del gruppo avrebbero azzerato i loro carichi tributari utilizzando il falso credito Iva.
«Le enormi ricchezze accumulate attraverso questo meccanismo – scrive la Guardia di finanza – servivano a sostenere il lussuoso tenore di vita dei principali indagati (Scavone e Barbarino) che, inoltre, potevano contare sulla disponibilità esclusiva di beni di valore (come la Ferrari e lo yacht) acquistati con risorse delle società del gruppo».
L’inchiesta non si ferma: gli inquirenti stanno dando la caccia a ulteriori disponibilità finanziarie in Italia e all’estero. —
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