Nel mirino anche la Piattaforma logistica di Trieste
Un appalto da 132 milioni di euro, di cui 30 privati: anche la piattaforma logistica del Porto finisce nella bufera sui maxi appalti scatenata dalla Procura di Firenze. I nomi importanti - per la tranche triestina dell’inchiesta - sono quelli di Stefano Saglia, ex Pdl e Ncd e ex sottosegretario al ministero per lo sviluppo economico; e di Rocco Girlanda, ex Pdl, già sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti nel governo Letta e segretario del Cipe, e ora consigliere del ministro Maurizio Lupi.
Assieme a quelli dei due politici compare il nome di Ettore Incalza, da 30 anni figura di primissimo piano al ministero dei Lavori pubblici, destinatario di una misura cautelare. Figurano anche gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, entrambi arrestati. E Francesco Loffredo. L’accusa per i sei, indagati a vario titolo, è di concorso in turbativa d’asta in relazione al bando di gara. Un reato che si configura anche prima della gara d’appalto. Non per niente in serata Girlanda ha spiegato di essere stato accusato di concorso in turbativa d'asta in relazione all'affidamento della direzione lavori per l'hub del porto di Trieste. «Ma quella gara - ha detto - non si è mai svolta per decisione dell'Autorità portuale. Come posso avere turbato una gara che non si è mai fatta?».
La prima pietra del maxiterminal da oltre 120mila metri quadrati destinato a sorgere tra Scalo legnami e Ferriera è stata posata l’8 novembre scorso. A firmare il contratto per progettazione, costruzione e gestione della piattaforma è stata la cordata composta da Icop Spa e Cosmo Ambiente, gestita al 50% dalla casa di spedizioni Parisi e per il resto da Interporto Spa. Una firma giunta però dopo vari colpi di scena.
Nel dicembre 2013 infatti la commissione nominata dall’Authority (fino a poche settimane fa guidata da Marina Monassi) aveva decretato in via provvisoria la vittoria dell’altra cordata in pista, guidata da Mantovani costruzioni e composta anche dal terminalista Samer e da Venice green terminal. Poco dopo era entrata in campo la Procura di Trieste. I finanzieri, su ordine del pm Federico Frezza, avevano acquisito i verbali della commissione. La Mantovani, passata recentemente sotto la guida di Maurizio Boschiero, era finita nel 2013 nel mirino della Procura di Venezia per aver creato fondi neri attraverso false fatturazioni. E proprio pochi giorni prima dell’aggiudicazione della gara triestina, i 4 imputati dell’inchiesta di Venezia - tra cui l’ex manager Piergiorgio Baita - avevano patteggiato davanti al gip di Venezia Massimo Vicinanza pene comprese tra un anno e 10 mesi e un anno e 4 mesi condizionate al risarcimento di 400mila euro.
Nel maggio 2014, il colpo di scena: la commissione dell’Authority ha rovesciato l’esito della prima aggiudicazione e in via definitiva ha appaltato i lavori della piattaforma logistica alla cordata composta appunto da Icop, Parisi, Interporto Bologna e Cosmo Ambiente, che nel frattempo aveva annunciato ricorsi al Tar. La stessa Authority di Trieste del resto l’11 aprile 2014 aveva parlato di verifiche di legge sull’aggiudicazione provvisoria da cui erano attese «sorprese». Icop ha firmato l’ok definitivo poco prima che il Consiglio di Stato respingesse il ricorso presentato a sua volta da Mantovani contro l’Authority. Va ricordato che già nel novembre 2013 il consigliere regionale Pd Mauro Travanut aveva presentato un’interpellanza rilevando alcune presunte incompatibilità di due componenti della commissione stessa.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo