Nel golfo di Trieste la “strage” infinita di Pinna Nobilis
Gli esperti hanno scoperto 4 mila esemplari morti. E l’inquinamento stavolta non c’entra
Una delle foto pubblicate ieri sui social da Acqua Mission Trieste
TRIESTE Non si arresta la moria di molluschi della specie Pinna Nobilis in Fvg. L’ultimo controllo effettuato dagli esperti, concluso nei giorni scorsi, ha evidenziato nel golfo di Trieste la presenza di quattromila esemplari morti. Va meglio in altre zone, come Lignano e Grado, dove al largo sono circa 300 in buona salute.
Una delle foto pubblicate ieri sui social da Acqua Mission Trieste
A riaccendere i riflettori sul fenomeno alcune foto, pubblicate ieri sui social da Acqua Mission Trieste, che mostrano decine e decine di valve vuote, spiaggiate sul lungomare di Muggia. Colpa di un protozoo, che da quattro anni colpisce le “pinne” nel Mediterraneo. «Stiamo proseguendo nelle operazioni di monitoraggio, avviate ormai da tempo - racconta Saul Ciriaco, ricercatore della Riserva Naturale Marina di Miramare -. Una è appena terminata ed è stata realizzata insieme alla Capitaneria di porto nell’area di Barcola. Lì appunto biamo trovato 4 mila esemplari morti e 200 vivi. Lo consideriamo un dato non del tutto negativo, perché in altre zone del Mediterraneo il 100% è scomparso. Qui da noi alcune ancora resistono e ci fanno ben sperare in una possibilità di ripopolamento. Temevamo - aggiunge - che l’estate avrebbe peggiorato la situazione, per fortuna al momento non è così. Altre 300 vive sono state contate al largo di Grado e Lignano. Ce ne sono anche a Sistiana e all’interno della riserva di Miramare. Ma dal 2016 la situazione sta costantemente peggiorando, a causa di un protozoo che le colpisce. Attacca in particolare la ghiandola digestiva della pinna, che continua a mangiare e non riesce a digerire».
Ma come si spiega, ad esempio, il fenomeno dello spiaggiamento fotografato a Muggia? «Nelle foto si notano tante valve vuote, vuol dire che l’animale è morto già da tempo, forse lo scorso inverno o in primavera. Gli animali mangiano la carcassa e il bisso (una sorta di fibra naturale sotto la sabbia, utile per tenere in piedi la pinna), si deteriora. A quel punto cede e, alla prima mareggiata, ciò che resta viene spinto a terra».
A determinare la moria non sarebbe l’inquinamento, come commentano alcune persone in merito alle foto scattate. L’agente patogeno, come ricorda anche Ciriaco, è solo il protozoo.
Intanto continua il monitoraggio in Fvg come in altri parti del Mediterraneo, per seguire con attenzione l’evoluzione della problematica. «Consideriamo che in alcune zone, come a Taranto, sono rimaste pochissime pinne - spiega ancora Ciriaco -. In altre parti d’ Italia, come a Venezia invece, c’è una sacca che resiste molto bene. In ogni caso l'obiettivo è proseguire, verificando sempre la situazione nelle nostre acque nei prossimi mesi. Sicuramente nella nostra regione, dove il mare ha tanto sedimento con fondali quindi sabbiosi, trovare una superficie rigida è importante per tanti organismi, che sulle pinne ad esempio depongono le uova. Per ora comunque anche il fatto di averne contate poche centinaia vive ci spinge a pensare positivamente: la speranza è che non si estingua. L’attività che si continuerà a portare avanti resta quella di controllare ciò che succede, con uscite periodiche. Successivamente - anticipa - si penserà alla possibilità di avviare interventi di ripristino e ripopolamento».
Va detto che un numero elevato di esemplari morti si è verificato anche in Puglia e in Sardegna, ma pure sulle coste spagnole. Ovunque gli esperti sono impegnati in operazioni di monitoraggio e ricerca. —
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