Nel “giardino” dei triestini tra arnie e banchi di mercato

L’attività delle famiglie Abrami e Carboni ha fatto di Grozzana la patria del miele E le bancarelle di scarpe e vestiti richiamano clienti da ogni parte della provincia
Di Nicolò Giraldi
Silvano Trieste 16/05/2017 Paesi del Carso, Grozzana, Basovizza, Apicoltura Abrami Carboni
Silvano Trieste 16/05/2017 Paesi del Carso, Grozzana, Basovizza, Apicoltura Abrami Carboni

di NICOLÒ GIRALDI

Per agganciare un elemento fondamentale nella comprensione del Carso le targhe e i piccoli monumenti posti nei diversi paesi diventano imprescindibili. Grozzana, lapide quasi invisibile. Fonda, Grahonja, Gropajc, Racman, sono tutte famiglie che hanno pagato un altissimo tributo in termini di sangue durante la lotta di liberazione.

La piccola piazza conduce verso est, in direzione delle ultime case del borgo. Sembra non esserci alcuna attività a Grozzana. Poi, ad un tratto compare un cartello che indica l'apicoltura Abrami e Carboni. «Abbiamo iniziato quasi per scherzo nel 1985 - racconta Virginio, ex finanziere e apicoltore dallo sguardo preciso, a Trieste dagli anni Sessanta-. L'ambiente era ed è ottimo per le api. Dopo un po’ di tempo le richieste continuavano ad aumentare così siamo stati quasi costretti a sviluppare questo lavoro». La particolarità sta nel fatto che le arnie sono quassù sul Carso. «Se un cliente vuole acquistare questo miele deve venire qui da noi, non c'è nessun altro luogo dove poterlo fare».

Virginio rivendica con orgoglio il fatto di essere un esperto apistico. «Bisogna conoscere a fondo il mondo delle api per fare questo mestiere. Ogni anno può dimostrarsi diverso dal precedente a causa dell'inquinamento atmosferico o di un parassiti in grado di attaccare, così bisogna studiare continuamente». A marzo si effettua un controllo capillare per «verificare che la famiglia sia sana e che all'interno dell'arnia non sorgano problemi. Poi, ci sono interventi diversi, dal cambio dei telai al non lasciare microbatteri fino a controllare la covata della regina». Marzo, aprile e maggio sono i mesi più importanti. «Già da fine giugno infatti le api iniziano a pensare all'inverno e alle scorte», conclude Virginio mentre chiude dietro di sé la porta della stanza dove riposa il prodotto finito.

Da Grozzana a Basovizza il passo è breve. Passando per Pese s’incontra ancora un cambiavalute, che tuttavia non vuole rilasciare dichiarazioni. Un peccato, sarebbe stato utile conoscere la storia di chi ha vissuto sulla propria pelle la caduta del confine. Basovizza si apre con un elemento che i triestini conoscono a memoria. È la pasticceria Marc, caravanserraglio carsico a qualche centinaio di metri dall’ex frontiera, che da generazioni è ormai punto di riferimento per i molti che passano per il borgo.

Alcuni giorni alla settimana il paese ospita il mercato. Scarpe, giacche, vestiario soprattutto. Tanta gente sale fin quassù proprio per questo, afferma Lino mentre chiacchiera con un signore arrivato qui proprio per comprare un paio di scarpe da ginnastica.

Il mercato lo compongono alcune baracche con le ruote. È un mondo quasi in via d’estinzione questo degli ambulanti, che soffrono la concorrenza dei centri commerciali, impossibile da battere. «Siamo qui il martedì, il venerdì e il sabato. Facciamo parte dell'arredamento ormai. La nostra è un’attività a conduzione famigliare e questo approccio lo trasferiamo anche nella quotidianità, cercando di fare squadra anche con gli altri commercianti di Basovizza - racconta sempre Lino -. La gente viene qui non solo per fare. acquisti, ma anche per fare due chiacchiere in tranquillità».

Dietro l'angolo c'è l'alimentari Sonia, che qualche anno fa ha unito anche l'edicola. «Una volta i giornali arrivavano per posta - afferma la signora Sonia -. Cosa cambierei? Tempo fa parlavano di chiudere la strada ai camion che transitano lungo questa strada, ma bisogna anche pensare che senza movimento non ci sarebbe lavoro». Le persone conoscono questa attività come Sonia. «È per questo che abbiamo lasciato l'insegna». La percezione dei basovizzani è che il paese e i dintorni siano diventati una sorta di giardino dei triestini. «Anche se il giardino, non essendo tuo, devi rispettarlo e tenerlo sempre in considerazione», chiude così Sonia.

Nel giardino dei triestini trova spazio anche una pescheria. «Siamo aperti da quattro anni, anche se avevamo l'attività da molto tempo - dice Patrizia, la titolare -. Assieme a mio fratello Roberto cerchiamo di rifornire il paese di un buon pescato che proviene principalmente dal golfo. Pesce nostrano, a cui va ad aggiungersi ovviamente anche pesce di allevamento».

I momenti migliori sono è il venerdì e il sabato mattina, quando il profumo del mare giunge sul Carso. «Anche se non facciamo parte della comunità slovena, devo dire che siamo stati accolti bene. All'inizio non è stato semplice ma successivamente il rapporto si è normalizzato».

Capita spesso che tra chi vive da sempre sull'altopiano e chi arriva da fuori inizialmente si possa manifestare un certo scetticismo. È così da molto tempo. Il fascismo di confine in questi paesi si è macchiato di crimini feroci, i cognomi sono stati italianizzati e il tricolore con lo scudo sabaudo ha sostituito la galina con due teste, forse una delle poche bandiere che qui sul Carso non incutono alcun timore.

Basovizza tuttavia non vive esclusivamente nel XX secolo. Il lavoro è importante e si evidenzia nella farmacia, nel salone da parrucchiera, in Italcolor, nella banca, nell'hotel Posta o nel discount e nella trattoria alla Pesa. Qui, infine, c’è anche il Centro Didattico del Corpo Forestale che insegna ai più piccoli il rispetto della Natura e li conduce in un mondo che necessita fortemente di una sensibilità maggiore. Proprio in virtù di quel cambiamento che potrebbe portare a considerare Basovizza il giardino di tutti, e non solo dei triestini di città.

2. - continua

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