Nel convento di Gorizia rimane positivo un frate
L’altro è uscito dalla quarantena. Ancora sospesa l’attività della mensa dei poveri
Bumbaca Gorizia 20.04.2020 Convento Cappuccini @Pierluigi Bumbaca fotografo
GORIZIA Il convento dei frati cappuccini di Gorizia non si è ancora liberato dall’oscuro e temibile convitato di pietra Covid-19. Il frate che era stato contagiato dal coronavirus, risulta infatti ancora positivo al tampone, pur continuando a non accusare, fortunatamente, alcun sintomo.
Le sue condizioni permangono buone, non è mai stato ricoverato in ospedale, vive nel convento, confinato nella sua stanza. Sono gli altri cappuccini a preparargli i pasti, lasciandoli fuori dalla porta. E la situazione sanitaria viene costantemente monitorata dal personale medico e infermieristico del San Giovanni di Dio.
Ma c’è anche una buona notizia. Perché il frate che l’aveva accompagnato in auto al tendone del Dipartimento di prevenzione Asugi per l’effettuazione del primo controllo è uscito dalla quarantena ormai dal 24 aprile scorso. Per lui, dunque, è finito l’isolamento: non era mai stato positivo ma la scelta della “clausura” era stata dettata dal principio di precauzione. In settimana, secondo quanto si apprende, il frate ancora positivo al Covid-19 sarà sottoposto a un nuovo tampone e la speranza di tutti, non soltanto all’interno del convento ma in tutta la città, è che possa superare la malattia e questo periodo angosciante di isolamento. Come si ricorderà, gli altri tre frati che risiedono in piazza San Francesco erano subito risultati negativi al tampone: i controlli scattarono in seguito al decesso, a causa delle complicazioni legate al Covid-19, di padre Aurelio Blasotti. Una notizia che era stata accolta con vivo cordoglio e sincero dispiacere da tanti goriziani che l’avevano conosciuto e apprezzato. Anche un altro frate risiedeva nel convento di Gorizia, solo che continua a vivere e a operare a Rovereto dove sta dando una mano nell’infermeria a Bordo Santa Caterina.
La mensa dei poveri, nel frattempo, continua a rimanere chiusa. Il servizio, solitamente offerto dai padri Cappuccini, ha sospeso ormai da domenica 22 marzo il suo operato, a tempo indeterminato. È la Caritas diocesana a sopperire acquistando trenta pasti completi dalla ditta “Digma Service”, che fornisce anche il Nazareno, e li distribuisce per asporto ai poveri.
Italiani, stranieri, residenti, richiedenti asilo, uomini e donne (anche se poche, ma ci sono) sono i commensali che ogni giorno si presentano attorno alle 11.30 davanti alla porta della mensa. In fila ordinata, mantenendo oggi il distanziamento sociale, attendono il proprio turno, scambiano due parole, leggono un giornale trovato da qualche parte. Qui ricevono non solo un piatto di cibo attualmente “da asporto” ma una testimonianza di umanità, di vicinanza e comprensione.
Negli ultimi anni, dapprima per colpa della crisi economica che ha ridotto all’osso le possibilità di consumo di molte persone, poi per l’arrivo in città di numerosi richiedenti asilo, il numero di persone che quotidianamente si appoggia al servizio mensa dei padri Cappuccini è cresciuto. Ed è diventato un punto di riferimento per la tante persone che sono in difficoltà e non ce la fanno più. —
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