Nel cimitero di Brazzano sepolti vinti e vincitori

Il camposanto militare accoglie le spoglie di 534 caduti della Grande guerra Prigionieri russi accanto a soldati austriaci. Un tempo c’erano anche gli italiani
Di Matteo Femia
Cormons 5 Marzo 2015. Cimitero Austro Ungarico a Brazzano. © Petrussi Foto Press / Diego Petrussi
Cormons 5 Marzo 2015. Cimitero Austro Ungarico a Brazzano. © Petrussi Foto Press / Diego Petrussi

di Matteo Femia

CORMONS

Quando un cimitero può rappresentare la storia non solo di un territorio, ma di un intero Continente. E i 534 caduti che riposano in quello militare austroungarico di Brazzano sono lì a testimoniarlo. Eppure non sono in molti a conoscere questo sacrario che rappresenta un vero e proprio unicum non solo in quest'area. «Basti pensare che vi riposano 147 soldati russi fatti prigionieri sul fronte orientale dall'esercito imperiale - sottolinea il lo storico Dario Kenda, autore di un encomiabile lavoro di recupero di notizie e vicende impolverate dal tempo - e si tratta di uno dei tre o quattro cimiteri europei in cui possiamo ancora trovare dei caduti dello Zar nella Grande guerra. Dopo il conflitto, il nuovo stato sovietico, per cancellare ogni ricordo della storia nazionale dei tempi dell’impero, distrussetutti i cimiteri bellici presenti sul suolo dell’Urss. E quindi tombe di caduti russi si trovano solo fuori dai territori oggi ex sovietici, come appunto Brazzano». Ma a questo punto è necessario fare un salto indietro nel tempo per spiegare perché il camposanto brazzanese rappresenti così bene la Storia: «Quello era originariamente il cimitero in cui gli austroungarici tumulavano con estrema precisione i prigionieri morti nei propri campi di concentramento - spiega Kenda - e dunque ecco il motivo per cui troviamo russi, ma anche serbi, rumeni, un finlandese e tante altre nazionalità. Gli ufficiali trascrivevano nomi e cognomi dei deceduti, e a ogni persona corrispondeva una tomba con una croce o un simbolo a seconda della religione dello scomparso, perché nella maggior parte dei casi si trattava sì di cattolici, ma c'erano appunto anche i russi ortodossa. Inizialmente nel campo riposavano anche i prigionieri italiani morti di stenti: ma qui inizia la seconda parte della vicenda, perché una volta che quell'area finì sotto il controllo dei Regno sabaudo, il rigore austroungarico andò a farsi benedire. Negli anni immediatamente successivi alla guerra, infatti, l'Italia mise mano al camposanto e prelevò i resti dei caduti italiani per distribuirli tra i sacrari di Oslavia e Redipuglia, rimescolando le nazionalità dei morti di Brazzano: a russi, serbi e loro alleati vennero aggiunti i prigionieri degli italiani, ossia appunto gli austriaci stessi, ma le tumulazioni avvennero un po' a casaccio. Il risultato è piuttosto imbarazzante e disordinato: oltre ai nomi, non più corrispondenti ai corpi tumulati, anche le croci a volte non c'entrano nulla con la fede professata dal soldato tumulato. A differenza del periodo asburgico che vedeva pieno rispetto della religione del caduto. «Oggi, quindi, tutte le croci sono cattoliche – aggiunge Kenda - ma come detto tra i morti ci sono anche degli ortodossi e addirittura due bosniaci di fede musulmana. È chiaro che una sepoltura simile non è e del tutto rispettosa e anche per queste incongruenze il cimitero di Brazzano, seppure tenuto molto bene, è sempre stato considerato scomodo rispetto ad altri». La gestione è in mano al Comune di Cormons, che ha stipulato una convenzione con il Commissariato genera le per le onoranze ai caduti del ministero della Difesa, il quale a sua volta lo mantiene in ordine per conto della Croce nera austriaca: annualmente il Comune stesso riceve un contributo per la manutenzione ordinaria dallo Stato di 3780 euro. «Come valorizzarlo? Bisognerebbe creare degli opuscoli che raccontino la storia incredibile di questo luogo, ancora poco conosciuto dagli stessi cormonesi: la scritta “Freund und Feind Im Tode vereint”, amico e nemico uniti nella morte, che campeggia sul monumento centrale del cimitero riassume perfettamente l'unicità di questo sito», conclude Kenda. Sullo sfondo, 534 caduti ricordano, ancora a cento anni di distanza, come la Storia mondiale abbia attraversato queste terre.

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