Nel caso Coop operaie spunta la regia di Seghene
Si scrive Livio Marchetti. Ma si può leggere Augusto Seghene. Il luogo comune che per anni aveva appiccicato sulla pelle dell’ex vicesindaco socialista i panni dell’eminenza grigia delle Coop operaie diventa materia d’indagine della Procura. L’inchiesta dei pm Federico Frezza e Matteo Tripani (che ha portato venerdì al commissariamento dei vertici in carica e al blocco di 103 milioni di risparmi di 17mila soci) scoperchia in effetti un’«opacità del potere gestionale che verrà approfondita in sede penale» e che, secondo i magistrati, «accresce l’inadeguatezza del management e la consequenziale necessità di rimuoverlo».
Ma lo scorcio che la Procura, oltre a questa presunta «opacità», comprende pure un nome e un cognome. Da subito, poiché «pare che il vero amministratore o co-amministratore di Coop sia Augusto Seghene, e già il fatto di avere un uomo-ombra è indice di poca linearità nel processo decisionale».
Da venerdì insomma - per i due pm che stanno passando al setaccio i documenti contabili e la storia recente delle Cooperative operaie - il Tribunale, su istanza della Procura, non ha provveduto solo a esautorare il presidente Marchetti e il suo Cda, ma di fatto anche Seghene. Il suo braccio destro. Benché, per quanto trapela per ora dall’indagine, non è escluso nemmeno si trattasse del contrario, che fosse stato cioè lo stesso Marchetti il braccio destro dell’altro. Nome e cognome del quale, in questi anni, non sono comparsi tra i manager della “casa madre” di Coop operaie.
La figlia Alessandra Seghene è attualmente a capo della Direzione amministrazione e finanza, che ha acquisito maggiori responsabilità dal primo ottobre scorso, ovvero dal giorno in cui il Cda di Marchetti, in uno dei suoi ultimi atti prima del commissariamento per via giudiziaria, ha silurato l’ormai ex dg Pier Paolo Della Valle lasciando vacante e senza più funzioni la stessa Direzione generale. Ma l’ex vicesindaco ed ex uomo fortissimo del Psi di casa nostra ai tempi della Prima Repubblica (alter-ego allora di Gianfranco Carbone) passato poi anche per Forza Italia non è che, nella mappa del potere del mondo Coop, proprio non esista. Non figurerà nella capogruppo, ma nelle controllate sì. In due, in particolare, come presidente. Una si chiama Coop Trgovine doo Rijeka, la società di gestione dell’ipermercato di Fiume di proprietà al 99% della Cotif, la Srl immobiliare presieduta da Marchetti congelata l’altro giorno dalla Procura, che è partecipata a sua volta al 100% dalle Coop operaie. In una delibera di assegnazione delle deleghe del 2010 a Seghene venne formalizzato, per la presidenza di Trgovine, un compenso di mille euro lordi al mese, contro i 300 spettanti ai due consiglieri a latere: uno sempre e comunque Marchetti e l’altro Franco Bosio, l’uomo di fiducia dell’ex Dc poi Pd di Pordenone Gianfranco Moretton, nonché presidente Coop prima dell’insediamento di Marchetti nel 2004 e poi suo vice fino al 2012.
La seconda controllata (al 40%) riconducibile a Seghene è Reparto 7 Srl, costituita nel 2008: è la società fornitrice in esclusiva di ortofrutta per le Coop operaie. Nel bilancio 2011 di Reparto 7, si legge in una nota integrativa al bilancio medesimo, «per l’anno 2011 sono stati rilevati ammanchi sulla merce consegnata alle Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli nella misura dell’8,28%. Con il termine ammanchi si intende la differenza tra il valore della merce consegnata al punto vendita e quello della merce realmente venduta. Il primo dato (consegnato) viene ricavato dalle fatture di vendita emesse dalla Reparto 7, il secondo (incassato) viene comunicato dal Ced delle Cooperative operaie, sulla base dei dati provenienti dalle singole casse di ogni punto vendita».
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