Nel 1981 il Comune negò l’intitolazione
«Mi sono beccato del terrorista. E c’erano ancora le Brigate Rosse in giro». Walter Cusmich, il presidente dell’Associazione “Maria Theresia”, ricorda perfettamente quel Consiglio comunale finito a notte fonda all’inizio del 1981. L’accusa di “provocazione terroristica” gli era arrivata da un consigliere repubblicano, l’avvocato Sergio Pacor, ora presidente del Teatro Rossetti. La sua colpa? Quella di aver presentato, da consigliere della Lista per Trieste, una mozione per intitolare il Canal Grande, voluto proprio da Maria Teresa, all’imperatrice d'Asburgo. La mozione era stata presentata nel 1980 in occasione dei 200 anni dalla morte di Maria Teresa d'Austria, ma slittò per tutto l’anno per evitare in ogni modo l’anniversario.
«Più che l’intitolazione del canale il problema era la lapide da fare nelle otto lingue dell’impero. Il problema non era il tedesco, neppure l’ungherese e neanche il greco. Erano il serbo-croato e lo sloveno», ricorda Cusmich, che si trovò contro l’intero Consiglio comunale o quasi, compresi l'opposizione del Pci e l’ala più conservatrice dello stesso Melone. Alla fine, scartata l’intitolazione del Canal Grande a Maria Teresa, l’assemblea municipale, nel 1981, a notte fonda si pronunciò a favore della posa di una targa commemorativa. Fu in quell’occasione che gli piovve addosso l’accusa di “terrorismo”: «Il consigliere Pacor mi disse che il mio discorso era terroristico. E c’erano ancora in circolazione le Brigate rosse», sorride il presidente dell’Associazione “Maria Theresia”. Dall’altra parte ci fu un certo Raffaello de Banfield, che ottenne a fatica dalla sua Dc di poter firmare la mozione di Cusmich perché a casa il padre, il barone Goffredo, insignito dell’Ordine di Maria Teresa per i suoi meriti nell'aviazione austro-ungarica durante la Prima guerra mondiale, aveva minacciato di diseredarlo.
Nonostante l’approvazione, il Comune non diede mai corso alla realizzazione della targa plurilingue e solo un decennio dopo (nel 1993) lo stesso Cusmich, insieme a Romano Lippizer, Maurizio Bekar, Pier Paolo Sancin, Fabio Ferluga e altri, aprirono una sottoscrizione popolare e trovarono i soldi per la targa. Un testo breve (“Sovrana d’Austria promotrice della Trieste moderna e cosmopolita in ricordo”) nelle otto lingue che animarono il Borgo Teresiano dalla fine del Settecento e lungo tutto l’Ottocento: italiano, tedesco, sloveno, serbo-croato nelle due scritture latina e cirillica, ungherese, greco e ebraico.
Non fu semplice neppure individuare il luogo della posa. I promotori, dopo aver bussato a a tutti i portoni dei palazzi lungo il Canal Grande, trovano ospitalità al numero 16 di via Rossini (angolo via Filzi) sul muro di un edificio della comunità greco-ortodossa. La targa, restaurata alcuni anni fa, fu messa in alto per evitare gli atti vandalici a sfondo politico. La posa avvenne il 27 giugno 1993 mentre in piazza Unità si svolgeva un raduno nazionale di paracadustisti e nei Balcani era in corso una guerra. In via Rossini 16, sul Canal Grande (Maria Teresa), si ritrovarono tutte le comunità del “mondo di ieri”. (fa.do.)
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