Negozi, ultimatum delle Regioni al governo sulla riapertura, lunedì l'incontro con Conte

Aggiornamento delle 17.27 Il governo dà il via libera al confronto con le Regioni. Lunedì si terrà l'incontro tra il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro della Sanità Roberto Speranza per parlare delle riaperture su base regionale già dal 18 maggio. Lo rende noto il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia precisando che l'incontro sarà incentrato «sull'avvio delle procedure relative alle riaperture differenziate su base territoriale dal 18 maggio, come già anticipato dal governo e più volte confermato».
TRIESTE I governatori delle Regioni Friuli Venezia Gliulia, Abruzzo, Calabria, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Sardegna, Umbria, Veneto e il presidente della Provincia autonoma di Trento hanno scritto al Presidente della Conferenza delle Regioni sollecitandolo a convocare urgentemente per domani, lunedì 11 marzo, un incontro con il Governo, "al fine di avere assoluta certezza che le linee guida Inail per le riaperture siano disponibili entro mercoledì della prossima settimana e che dal 18 maggio ogni territorio, nel rispetto delle misure per il contenimento della pandemia, possa consentire la ripartenza delle attività economiche. Una prospettiva che, qualora fosse disattesa, porterà le scriventi Regioni ad agire autonomamente".
La lettera arriva in aperta polemica con il ministro Francesco Boccia, dopo che questi ha chiarito che l’impossibilità di anticipare ulteriormente i tempi rispetto al 18 maggio, come richiesto da diverse regioni tra cui il Fvg, dipende dall’assenza dei protocolli Inail sulla sicurezza nei vari settori.
Fedriga già ieri aveva replicato a Boccia chiedendo di inoltrare i protocolli Inail adottati per far riaprire nelle settimane scorse altre attività commerciali. «Il governo ci dice di non aprire senza protocolli Inail – ha detto Fedriga – e abbiamo chiesto di vedere quelli che riguardano negozi per bambini, vendita di elettronica e librerie. Se ci sono, potremo facilmente applicarli in altre tipologie di attività, perché non si dirà che chi vende pentole diffonde il coronavirus e chi vende libri invece no. Se invece i protocolli non ci sono, il fatto sarebbe molto grave».
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