Negozi in allarme per gli affari in picchiata, tormenta lo spettro del lockdown a Natale

Il commercio teme nuove chiusure. Gli addetti ai lavori guardano con preoccupazione soprattutto alle festività natalizie 
A destra Jules e Ottica inn, a sinistra Cesca. Foto di Massimo Silvano
A destra Jules e Ottica inn, a sinistra Cesca. Foto di Massimo Silvano

TRIESTE. Negozi deserti, pochi affari. E alle 18, quando chiudono i locali, la città si svuota. I clienti latitano e il timore diffuso tra i commercianti, a Trieste, è rivolto soprattutto al mese di dicembre. Un Natale con determinate limitazioni o addirittura delle chiusure rischia di mettere in ginocchio definitivamente il settore.

Intanto c’è chi tenta di catturare acquirenti con sconti di ogni tipo. Nel centro cittadino ecco spuntare vendite promozionali, saldi di mezza stagione, promo-Halloween o ribassi autunnali. Prezzi giù anche del 40% per sollecitare uno shopping che non decolla. Da mesi.

«Il mercato è fermo, percepiamo anche una paura nell’entrare nei negozi e una scarsa propensione a comprare», commenta Gianluca Piovesana del negozio di abbigliamento Jules: «I lockdown in altri stati mettono agitazione, non sono di buon auspicio. Certo è che sono meglio le restrizioni ora che a dicembre. Già è stata dura finora, chiudere nel mese più redditizio dell’anno sarebbe un duro colpo».

«Meglio non chiudere proprio. Adesso o dopo. È questa la soluzione migliore», dice Alberto Spigolon del negozio sportivo Aw Lab: «Credo che se ci saranno ulteriori blocchi, molti commercianti non saranno in grado poi di ripartire. Anche questo limite delle 18 per i locali lo trovo assurdo. A pranzo il rischio di contagi non c’è?». «Stavamo appena iniziando a lavorare di nuovo», aggiungono dal negozio storico di casalinghi Cesca: «Ora il calo è comunque evidente, e dopo le 18 c’è pochissima gente. Se serve fare una riduzione di orario, con sacrificio si farà, basta non chiudere, e soprattutto a dicembre. Le vendite a Natale sostengono gli affari in modo fondamentale. Con uno stop sarebbe una perdita immensa. Già facciamo i conti con meno clienti e una capacità ridotta di spesa, rinunciare a nuovi guadagni nei prossimi mesi rischierebbe di mettere in grave difficoltà la categoria. Ci siamo rialzati una prima volta dopo il lockdown, ci riusciremo di nuovo?».

«Dopo le 18 non c’è più nessuno», racconta anche Inna Sharifullina di Ottica Inn: «Chiudono i locali e la gente se ne va a casa. Il calo sugli incassi è evidente, tanto più per punti vendita come il nostro che lavorava molto anche con i turisti, ormai scomparsi. Anche noi difendiamo il Natale. Dicembre è importantissimo, speriamo che quel periodo venga tutelato».

Sensazioni, queste, condivise dai rappresentanti di categoria. «C’è paura e incertezza già da inizio di ottobre quando era stata ventilata una nuova, possibile, chiusura», spiega Elena Pellaschiar alla guida del Gruppo Commercio di Confcommercio Trieste: «Al momento qualcuno regge, altri pagano molto le chiusure dei pubblici esercizi alle 18, dove le zone si spopolano, c’è meno gente in giro un po’ ovunque. Ma tutti i negozianti – sottolinea – vogliono rimanere aperti. Credo sarebbe meglio chiudere ora che a dicembre, ma la soluzione ottimale è non farlo proprio. Abbassare le saracinesche, ancora, ci metterebbe completamente in ginocchio.

Se ci sarà un lockdown saremo a terra. E consideriamo che già in questo momento molte attività faticano. Lo smart working, soprattutto nel centro città, ha creato un buco enorme, il flusso di clienti per i locali, come per i negozi, è diminuito in modo pesante. Natale rappresenta uno spiraglio per tutti. L’auspicio – conclude Pellaschiar – è semplicemente di poter tenere aperti quanto più possibile». —

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