Negozi aperti il 25 aprile, a Trieste insorgono i sindacati

Domani terranno le serrande alzate il 70% degli aderenti al sodalizio “Trieste in centro” anche per i turisti. La “sfida” continua il primo maggio
Lasorte Trieste 25/11/08 - Commercio, Negozi
Lasorte Trieste 25/11/08 - Commercio, Negozi

Il 70% dei negozi aderenti al sodalizio “Trieste in centro” sarà aperto domani, il 25 aprile, giorno della Festa della Liberazione. Serrande alzate anche all’interno dei centri commerciali cittadini, ma anche in supermercati e singole attività in zone meno centrali. Diverso il panorama per il primo maggio, Festa dei lavoratori: pochi i casi di annunciata apertura nel settore del commercio e concentrati specie nella grande distribuzione. I sindacati non ci stanno e ripartono nuovamente all’attacco dopo le polemiche pasquali: «Siamo contro la liberalizzazione totale», sbottano Cgil e Uil.

L’indicazione generale dalle associazioni di categoria è una: per le giornate festive ognuno decida in autonomia. Potere della caduta dei vincoli in nome della libera concorrenza, stabilita dal governo Monti. Un quadro generale è in effetti complicato da delineare. «La categoria non ha fornito orientamenti, in considerazione del fatto che la legge permette le aperture nelle giornate festive - fa il punto Franco Rigutti, vicepresidente vicario della Confcommercio provinciale -. A seconda delle zone, i singoli commercianti decideranno. Cercheremo soprattutto sul sito web Triesteshop.it di dare comunicazione di chi terrà aperto. L’importante è che i negozi ma soprattutto bar e ristoranti siano aperti».

È Roberto Bettin, presidente di “Trieste in centro”, il Centro in via dell’area centrale cittadina, e componente del Consiglio della Confcommercio provinciale, a fornire dei dati: «L’orientamento diffuso ai nostri soci per il 25 aprile è quello di aprire e il 70% degli aderenti ha risposto che lavorerà. Avremo quindi 90-100 fra negozi ed esercizi di somministrazione cibi e bevande aperti in centro città. Mentre il primo maggio, nel 99% dei casi si prevede di tenere chiuso. Credo che il 25 aprile, alla fine - prosegue Bettin - sarà aperto quasi dappertutto, nel tentativo di ampliare il più possibile l’offerta. Prolungare l’apertura dà risultati a medio-lungo termine. Ed è un’opportunità legata anche al turismo: il periodo è favorevole da questo punto di vista».

Le strategie - come riferiamo a parte - sono diverse fra i vari imprenditori. Tra giornate, orari e valutazioni negozio per negozio. Un universo assai variegato. D’altronde le norme lo permettono. La strada aperta, tuttavia, continua a non fare breccia nel cuore dei sindacati: «La nostra posizione è sempre quella - ribadisce Antonella Bressi (Filcams-Cgil) -, siamo cioè contro la liberalizzazione totale. I soldi sono pochi, ci sono problemi di occupazione e la crisi morde. Le aziende antepongono il profitto alle esigenze private. Qualcuno ha aperto il giorno di Pasqua e a questo punto lo farà pure a Natale... Inoltre non c’è la giusta rotazione fra i lavoratori: chi è in servizio la domenica, lo sarà anche il 25 aprile e il primo maggio». Due i fronti su cui Bressi punta il dito: «Non crediamo che chi fa la spesa il 25 aprile andrà a farla anche la domenica dopo, i soldi sono pochi. Le persone, poi, hanno delle esigenze: oltre a quelle familiari, ci sono gli aspetti legati a festività a cui credono. Ci rendiamo conto - conclude - che qualche lavoratore dà “spintaneamente” la propria disponibilità». Non è tenera nemmeno Miriam Cerne (Uiltucs): «Visto che i commercianti hanno ottenuto dal governo la possibilità di tenere aperti i negozi per 52 domeniche, perlomeno potrebbero concedere ai lavoratori di godersi con la famiglia le festività civili e religiose. Garantendo così uno stacco da un tipo di lavoro che è trattato da occupazione di prima necessità pur non essendo retribuito come tale e senza la rotazione dovuta a chi è turnista come ospedalieri, vigilanza della pubblica sicurezza, lavoratori portuali. Nel commercio tutto questo non è possibile».

La Diocesi, per voce di don Ettore Malnati, vicario episcopale per il laicato e la cultura, ricorda come il vescovo Giampaolo Crepaldi già in occasione della Pasqua avesse invitato «all’attenzione verso la famiglia, che oggi ha difficoltà nello stare assieme. Una posizione riferita alle festività religiose». «Non entro nel merito delle feste civili - afferma infine Malnati -, che sono molto importanti e per le quali ritengo personalmente ci debba essere un senso di rispetto dei valori laici».

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