Né lavoro né paga, Portorosega sciopera

Le imprese prendono manovalanza esterna e non i portuali. Čulev della Filt-Cgil: «Nessuna regola, siamo al Far West»

Giulio Garau

Lavoratori allo stremo al porto di Monfalcone, continua il far west sulle regole del lavoro a Portorosega e la proroga della legge regionale 12 del 2012, in attesa che entri compiutamente l’Autorità di sistema portuale, che ufficialmente ha la gestione da gennaio, ma applicherà le nuove regole (la legge 84 del 1994) appena a fine anno rischia di creare un caos. Ci sono almeno 200 lavoratori su 300 a rischio nello scalo, alcuni sono «letteralmente alla fame» denunciano i sindacati e ora c’è il rischio di gravi tensioni sociali in un momento già difficile e delicato legato alla pandemia da Covid 19. I sindacati e in particolare la Filt Cgil ha cercato assieme a Fit-Cisl e Uiltrasporti di arginare l’emergenza, ma ora la situazione è scoppiata.

Ieri mattina al termine di un drammatico vertice tra i delegati sindacali del porto della Filt-Cgil assieme ai responsabili della sicurezza, le organizzazioni sindacali si sono viste costrette a proclamare lo stato di agitazione immediato che sfocerà in uno sciopero di 24 ore il 17 luglio. Nella protesta la Fil-Cgil intende coinvolgere anche Uiltrasporti e Fit-Cisl. La situazione è letteralmente esplosiva e i sindacati sono espliciti: «Basta con i giochi e il Far West nello scalo, giù le mani dal porto di Monfalcone, lasciate subito lavorare l’Autorità di sistema portuale con piena applicazione della legge 84 del 1994 superando quell’oscenità che è la legge regionale 12 del 2012».

Le accuse dei sindacati sono gravi, si parla di “dumping sociale autorizzato” grazie alla legge 12 del 2012 con gente portata da alcune imprese portuali dall’esterno a lavorare in porto lasciando a casa i portuali e con contratti da autotrasporto. L’ultimo episodio, denuncia il segretario della Filt Cgil, Saša Čulev risale a solo pochi giorni fa: «Ci sono imprese che hanno le autorizzazioni fino a fine anno – dice, senza fare nomi – ma una di queste per fare le operazioni non ha chiesto personale del porto, si è portato il suo personale da Porto Nogaro con contratti diversi da quelli previsti, come quello dell’autotrasporto, con condizioni di sicurezza e retribuzioni diverse. Mentre la gente di Monfalcone è rimasta a casa. Tutto in regola secondo la legge 12, ma per noi è inaccettabile e non più sopportabile».

Il tono di Čulev è grave: «Ricevo continuamente telefonate a casa di tanti lavoratori, anche gente che piange al telefono, non hanno nemmeno la cassaintegrazione per il mancato avviamento – racconta provato – mi chiedono aiuto perché non hanno un soldo nemmeno per andare a comperare qualcosa da mangiare per se stessi, la famiglia e i figli. Basta non è più sopportabile». Le richieste dei sindacati sono chiarissime, pretendono che l’Autorità di sistema prenda la gestione in maniera globale nello scalo di Monfalcone applicando le regole del lavoro della legge nazionale sui porti 84 del 1994, chiedono equità salariale come previsto dalle regole dell’Authority, ma anche un realistico crono-programma degli investimenti sulle infrastrutture in porto e l’applicazione delle regole sugli organici, sulla composizione delle squadre e sulle concessioni delle aree (anche in questo caso la situazione e di totale Far West tanto da aver fatto venire i capelli dritti ai funzionari dell’Autorità di sistema che in questo periodo stanno analizzando la situazione).

La Filt Cgil vuole anche chiarezza sulle autorizzazioni «in tempi rapidi» e risposte sulle normative di sicurezza. «La situazione è molto grave, la gente è esasperata e allo stemo» conclude Čulev. —

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