Navigazione vietata senza targa, Lenardon: «Lo stop alle nostre barche ha creato danni economici, Lubiana ci ripenserà»

L’opinione del maestro d’ascia, unico allievo del mitico progettista Carlo Sciarrelli «La soluzione è a portata di mano: basta prevedere un sito in cui registrare i dati di chi entra»
Benedetta Moro

TRIESTE. «Credo che mantenere in piedi le attuali restrizioni non convenga a nessuno. Il divieto cioè non danneggia solo i diportisti triestini, monfalconesi e del resto della regione che non possono andare oltre confine, ma anche gli sloveni che ci perdono in termini economici. Per questo credo che alla fine si troverà una soluzione». La pensa così Federico Lenardon, triestino, maestro d’ascia, progettista e costruttore navale, memoria storia e unico allievo di Carlo Sciarrelli, “architetto del mare” per eccellenza.

«L’applicazione di queste regole - ricorda Lenardon - nasce da un incidente: un motoscafo che aveva preso fuoco è stato lasciato in mezzo al mare da alcuni italiani. Un comportamento che ha costretto a spendere anche migliaia di euro per bonificare i fondali. La stretta applicata in seguito, però, per me è stretta senza senso: le barche sotto i dieci metri, anche se non immatricolate, hanno comunque un motore, che ha una matricola e un’assicurazione. Dall’atto di proprietà si possono ricavare i dati. Quindi quando si passa per la Slovenia, qualsiasi cosa succeda, le autorità slovene possono ricavare i dati necessari».

Ma siccome alla vicina Repubblica questi elementi non bastano, ecco allora che la soluzione da adottare secondo il maestro d’ascia, abituato spesso ad avere a che fare anche con piccole imbarcazioni, è quella più semplice: «Credo si debba trovare un sistema per una registrazione via Internet, attraverso cui inserire dati personali e assicurazione prima di passare per la Slovenia. Perché tutto il mondo dei proprietari di piccole barche è davvero infervorato. Secondo me non tanto perché non possono andare in Slovenia, in quei pochi chilometri di costa, ma perché non possono fare benzina e raggiungere la Dalmazia, uno dei posti più belli del Mediterraneo. Che poi, ma questa è una mia teoria, la Slovenia forse ha agito così per ripicca: quella mossa è un’arma politica nei confronti della Croazia per quanto riguarda i diversi problemi che hanno su Dragogna e Salvore. È una cosa assurda in ogni caso, perché è come se in Marocco vietassero il transito attraverso Gibilterra: certo, si parla di un problema che avrebbe dimensioni decisamente diverse, ma il concetto è lo stesso».

Tra chi va a fare benzina oltreconfine, c'è ad esempio una cara amica di Lenardon, che aveva la barca immatricolata fino a poco tempo fa. «Ma visto quanto è farraginoso e complicato il sistema in Italia – aggiunge -, lei ha smesso di fare il rinnovo proprio poco prima dello stop della Slovenia». Se la benzina dunque è quindi uno dei motivi che porta i tanti diportisti a raggiungere la Slovenia, Lenardon propone anche un’altra soluzione: «Concedere nell’area che va da Trieste fino a Monfalcone, considerando anche che ci sono forse due pompe di benzina, un prezzo pari a quello sloveno. Sono convinto che anche adesso in molti vanno oltreconfine in auto con le taniche». Quanto alla Dalmazia, qualcuno comunque ha cercato di raggiungerla lo stesso: «Alcuni hanno fatto il giro largo, attrezzandosi con una serie di equipaggiamenti richiesti. Ho sentito diverse persone che hanno optato per questa soluzione». —


 

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