Sigilli alla nave Al Filk a Monfalcone: scesi a terra dopo mesi gli ultimi tre marittimi
L’accelerazione impressa dalla Procura alla vicenda che si trascinava da febbraio. Comandante, nostromo e direttore di macchina resteranno in albergo fino al rimpatrio
Sigilli alla Al Filk, la nave da oltre dieci mesi bloccata a Portorosega a causa di una lunga serie di carenze (per la precisione 61) riscontrate dalla Direzione marittima di Trieste l’8 febbraio. E i tre “superstiti” - tra cui il comandante - dell’originario equipaggio composto da una dozzina di uomini, sbarcati a terra. Ora alloggiati in altrettante camere dell’ex albergo operai di Panzano, a spese dell’agenzia raccomandataria Friultrans.
Per via dei voli, in genere proibitivi a causa dei costi in questo periodo o ampiamente da tempo prenotati, dovranno attendere con ogni probabilità i primi di gennaio per il rimpatrio, una volta scavallate le festività. Ma dopo mesi di vicissitudini e condizioni estreme, tra blackout, assenza di riscaldamento e indisponibilità di mezzi, sopperiti anche grazie alla catena della locale solidarietà, per loro la penosa situazione s’è definitivamente risolta: potranno tornare a casa.
La svolta
La svolta venerdì, quando 11 persone tra agenti della Polmare, polizia giudiziaria, delegati dalla Procura e Guardia costiera si sono recati sottobordo, all’accosto uno. Per dare esecuzione a un ordine dell’autorità giudiziaria: provvedere alla sigillatura della Al Filk, 4.388 tonnellate di stazza lorda, battente bandiera della Tanzania. Nessuno ha ora titolo per salire a bordo, salvo espressa autorizzazione. Può farlo solo la Guardia costiera che, a frequenza giornaliera, monitora la portacontainer con ispezioni. E, chiaramente, il custode giudiziario nominato dalla Procura per «preservare l’integrità del bene».
Nessun pericolo
«La nave è disarmata e in sicurezza - spiega il comandante della Capitaneria Fausto Schirone –, non sussiste più alcun pericolo per l’ambiente o il porto, le persone saranno rimpatriate e l’unico neo, se vogliamo, resta l’occupazione di due bitte, ma confido che nei tempi necessari ci libereremo definitivamente anche di questa situazione». Quando cioè la nave potrà ripartire, traghettata, per far scalo al più vicino porto e ottemperare alla lista di manutenzioni ineludibili in vista della successiva navigazione, nel rispetto delle vigenti norme internazionali.
Ancora sotto sequestro
Tecnicamente il bene, con questi sigilli, rimane «sotto sequestro», spiega Schirone. Pendente dalla scorsa primavera a causa di presunte irregolarità su non meglio precisate certificazioni, disposto sempre dalla magistratura isontina. L’atto, per quanto è dato a lui sapere, è infatti «ancora in piedi». Relativamente invece all’iter amministrativo, per la portacontainer era stata disposta la detenzione, a seguito di verifiche sul posto condotte appunto a febbraio, con l’obbligo a provvedere a una serie di interventi preliminari di ripristino delle condizioni di sicurezza, prima di riprendere la navigazione.
Una lunga vicenda
Nelle settimane la Capitaneria ha lavoro a lungo su questa vicenda, sollevata dal sindacato internazionale dei marittimi con l’ispettore Itf Paolo Siligato, rimbalzata sulle cronache e finita al centro di tavoli prefettizi e interrogazioni in Regione. Esito finale: comandante, nostromo e direttore di macchina della nave ora in albergo a Panzano, in attesa del volo. Sono ancora aiutati dai volontari per i pasti.
Il personale delegato dall’autorità venerdì ha provveduto, come spiega il comandante Schirone, a «chiudere tutti gli accessi o aperture» e ad «apporre i piombini col filo di ferro», cioè i sigilli. Non sullo scalandrone, la robusta passerella mobile con ringhiera disposta fra nave e terraferma, per l’imbarco o lo sbarco di persone e di cose, che serve alla Guardia costiera per le ispezioni.
Il rinforzo degli ormeggi
Già una settimana fa circa, a seguito di particolari condizioni meteomarine, con la bora a sferzare la costa, la Capitaneria aveva disposto un rinforzo degli ormeggi, cui l’armatore turco, fa sapere sempre Schirone, ha provveduto. «Alla fine - conclude il comandante - è andata bene: il lavoro paga. Come le facce sollevate dei marittimi della Al Filk, che ci hanno sorriso e ringraziato, perché si sono sentiti tutelati dall’autorità italiana, fattasi carico delle loro condizioni».
La situazione era nuovamente precipitata quando era finito gambe all’aria anche l’ultimo generatore ausiliario. Brian Harland, volontario di Stella Maris (l’associazione in questi mesi attiva nella fornitura di cibo e generi di prima necessità all’equipaggio trascurato) in collegamento con la Guardia costiera, si stava già attivando attraverso l’Italnolo di via Grado per un nuovo dispositivo, quando è mutato il quadro di eventi.
Un lieto Natale
Sabato, per festeggiare il nuovo corso, Harland ha portato i marittimi a cena al Bangla Flaavour in centro. Una regalo che «li ha resi più che felici». «Questo - riferisce Harland - è quanto mi ha scritto il direttore di macchina: “Sono tranquillo e sotto la tutela della legge e delle autorità competenti che proteggono me e gli altri. Ringraziamo tutti i loro sforzi e anche l’Italia. Personalmente sono molto, molto felice ora”». Un Natale finalmente lieto, anche per la Al Filk. —
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