Nascosti nel caveau reperti di Aquileia

La scoperta dopo il furto del “tesoro di San Vito” a Cervignano. Una soffiata avvisò il commando pronto a colpire di nuovo
Alcune statuette del "Tesoro di San Vito"
Alcune statuette del "Tesoro di San Vito"

UDINE. Un altro filone d’inchiesta si è aperto nelle indagini sulla banda che ha rapinato la Cassa di risparmio di Cervignano il 3 giugno scorso a seguito della scoperta, in una delle 27 cassette di sicurezza forzate, di reperti archeologici provenienti dagli scavi di Aquileia, che lì non dovevano proprio essere. I malviventi, ritenendoli di scarsissimo valore, li hanno snobbati.

Intanto spuntano ulteriori particolari dalle indagini dei carabinieri sull’attività della banda. Dovevano intervenire i reparti specialistici dei carabinieri. Nuclei che sarebbero dovuti arrivare da fuori e che avevano già fatto diversi sopralluoghi intorno alla banca Monte dei Paschi di Siena per cogliere sul fatto il commando siciliano pronto, dopo il colpo alla Cassa di risparmio del Friuli Venezia Giulia di Cervignano, per un nuovo assalto a una banca in pieno centro a Udine.

Maschere, guanti e attrezzi usati dalla banda durante l'assalto
Maschere, guanti e attrezzi usati dalla banda durante l'assalto

Mancavano poche ore alla rapina che era stata programmata nel tardo pomeriggio del 5 novembre, poco prima dell’ora di chiusura dell’istituto di credito. E le forze dell’ordine avevano ordine di intervenire beccando i rapinatori sul fatto. Dovevano confluire in quell’ultimo atto finale mesi e mesi di intercettazioni telefoniche e di pedinamenti. A sottolineare che questa era la direzione è stato lo stesso comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Roberto Del Piano, durante la conferenza stampa nel corso della quale ha ammesso: «Noi eravamo pronti a un intervento operativo sulla rapina». A scompaginare i piani e a mandare a monte l’operazione è stata una soffiata che, in qualche modo, è arrivata ai rapinatori. Qualcosa, o qualcuno, ha fatto scattare l’allarme e li ha indotti a cancellare l’assalto all’istituto di credito all’angolo fra via Poscolle e via Marco Volpe. Un ordine repentino che sarebbe stato dato via telefono e che è riportato anche nelle intercettazioni telefoniche. Il rischio a quel punto, dopo mesi di pedinamenti e di registrazioni, era quello di lasciarsi scappare la banda e di perderne le tracce. Così è scattato l’ordine di fare irruzione nel covo di via Susans dove sono stati presi sette componenti della banda: in quell’occasione sono finiti in arresto Vito Leale, Pietro Madonia, Giulio Riccardi, Pietro Di Maio, Francesco Albamonte e Angela Lo Vasco, per tutti l’accusa contestata era quella di tentata rapina in relazione al colpo che stavano preparando a Udine. Pochi giorni dopo è stato arrestato Giuseppe Sorgente, accusato prima di ricettazione, in seconda battuta sono emerse le sue connessioni con la prima rapina a Cervignano. Quindi, il 19 dicembre, l’arresto di Carmelo Agnello e di Fabrizio Vizzini e le accuse di aver messo a segno la prima rapina cui, però, non avrebbero partecipato Riccardi e Albamonte.

Rapina con ostaggi a Cervignano, 10 arresti
Una parte del "Tesoro di San Vito" recuperato, custodito in cassette di sicurezza

I sopralluoghi da parte dei rapinatori alla sede del Monte dei Paschi di Siena di Udine erano cominciati a ottobre scorso. In diverse occasioni il basista della banda dei siciliani si era appostato fuori dell’istituto di credito, all’angolo fra via Marco Volpe e via Poscolle, poco prima dell’orario di chiusura.

Era necessario individuare il momento in cui i clienti uscivano dalla banca e all'interno rimaneva solo il personale. Avevano perfino organizzato piccole situazioni di allarme per vedere se e con quale frequenza i dipendenti richiedevano l’intervento delle forze dell’ordine. Poi, prima del colpo, l’intervento sulla porta laterale della banca con la manomissione della vetrata dalla quale era stata rimossa la guaina, rimpiazzata da uno strato di vernice verde. Per agire bastava utilizzare una ventosa e rimuovere la lastra. Un ulteriore sopralluogo era stato organizzato per verificare gli orari dell’agenzia attigua alla banca, l’ingresso nella stessa corte costituiva un problema e la presenza delle segretarie all’interno dell'agenzia poteva rappresentare un’incognita per la riuscita del piano. Da lì era maturata la decisione di prendere le due donne in ostaggio.

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