Nascono le “squadre” antimobbing
TRIESTE. Una legge sul mobbing, la Regione, ce l’aveva già. Ma, a più di un decennio dall’approvazione, la giunta decide di metterci mano. E, su proposta di Loredana Panariti, approva un disegno di legge di modifica della 7/2005 “Interventi regionali per l’informazione, la prevenzione e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori dalle molestie morali e psico-fisiche nell’ambiente di lavoro”. «Semplificazione e razionalizzazione» sono le premesse di un ddl di undici articoli che tiene conto, spiega l’assessore, del «diverso assetto istituzionale delle politiche del lavoro» e del «cambiamento contestuale del mercato del lavoro e delle sue condizioni».
Il primo ritocco è al titolo: accanto al concetto di molestie morali e psico-fisiche si inseriscono i «fenomeni vessatori e discriminatori». Un modo, secondo Panariti, per inquadrare l’oggetto della normativa in modo più completo, «riferendosi non solo ai principi e ai valori a cui la legge si ispira e che intende tutelare, ma anche agli effetti concreti e agli interventi previsti che ricalcano l’ispirazione del provvedimento originario». Di fatto si rafforzano finalità e contenuti della 7. Per accrescere la conoscenza e ridurre l’incidenza del mobbing, al fine di favorire il benessere nell’ambiente di lavoro, la Regione manterrà i “Punti di ascolto” già attivi sulla base di convenzioni tra enti locali e altri soggetti operazioni nel territorio, ma vi istituirà un ruolo preventivo e non solo informativo, ricettivo e di consulenza. In particolare si prevede la presenza di un team multidisciplinare composto da un avvocato giuslavorista, uno psicologo del lavoro e un medico specialista in medicina legale o del lavoro. All’articolo 5 si dispone inoltre che il raccordo delle iniziative venga affidato a un Gruppo tecnico di sette persone, in capo alla direzione centrale, più agile nella composizione rispetto al precedente soggetto di riferimento, cioè la Commissione regionale per il lavoro, organo collegiale al quale il testo della 7 aggiunge ulteriori nove componenti.
L’iniziativa viene subito promossa dalla Cgil. «Il mobbing è un fenomeno che ha spesso conseguenze pesanti sull’occupazione - spiega la responsabile welfare della Cgil Fvg Orietta Olivo -. Uno dei nodi purtroppo irrisolti è quello del rispetto della scelta della maternità». Sindacati e associazioni di categoria si ritrovano infatti spesso a ricevere segnalazioni e a raccogliere storie di donne vittime di soprusi al rientro dalla maternità se non a gravidanza in corso. «Vengono a volte offerti posti di qualifica inferiore - aggiunge Olivo - oppure non viene garantita la libertà di scelta del part-time per i primi anni di vita del bambino. Fino ai casi peggiori di licenziamento. La maternità, anziché valore aggiunto, continua a essere considerata ostacolo alla produttività».
Ancora Olivo, alla luce dei dati resi noti dall’Istat sul 2015, evidenzia come il Friuli Venezia Giulia conti quasi 2mila occupate in meno in anno, un tasso di disoccupazione femminile medio vicino al 10% e una flessione, sia pure lieve, anche nella propensione a cercare un impiego da parte delle donne. «È un quadro che resta estremamente preoccupante e sul quale incidono parecchio non soltanto le dinamiche della crisi, ma anche le carenze del welfare, prassi e stereotipi consolidati che continuano a ostacolare la strada verso una vera parità tra uomo e donna nel mercato del lavoro e nella società».
Olivo denuncia anche la «segregazione orizzontale» che continua a concentrare le donne nelle fasce più deboli e meno pagate del mercato del lavoro, «a partire dai settori dell’assistenza e del lavoro domestico». Senza dimenticare proprio il part-time, aggiunge Olivo, «che non è sempre una libera scelta delle donne ma che spesso è imposto, come testimonia la percentuale altissima, il 36%, di donne occupate in regione con contratti a orario parziale».
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