Nasce la task force per riformare l’Ezit
L’Ezit non può più andare avanti in questo modo e i suoi problemi nodali, per anni accantonati sotto il tappeto, rischiano di incancrenirsi: bisogna intervenire rivedendo missione e funzionamento dell’ente. Alla luce dei compiti affidatigli con la legge regionale “Rilancimpresa”, che all’art. 33 delinea per l’Ezit un ruolo rilevante nell’ambito della cosiddetta “area di crisi complessa di Trieste”. «Ezit rientra nella riforma dei consorzi mantenendo un ruolo rilevante per lo sviluppo dell'area industriale di Trieste - precisa il vicepresidente della Regione, Sergio Bolzonello - in questo momento la giunta ha dovuto affrontare alcune criticità legate al vecchio modello di intervento dell'ente». Così dopo Ferragosto - dice lo stesso presidente dell’Ezit Stefano Zuban, nominato in febbraio - partirà il percorso di riforma/trasformazione dell’ente.
La giunta, che lo scorso marzo aveva respinto al mittente il bilancio preventivo 2015, ha poi approvato il documento contabile e il programma triennale 2015-17 nella seduta del 10 luglio con la delibera n.1397. Nella quale appare una bella sfilza di prescrizioni e raccomandazioni, che in buona parte traggono spunto dalle relazioni che ormai da svariati esercizi i revisori dei conti redigono su un organismo vetusto che ha compiuto 66 anni, essendo stato creato dal Governo militare alleato nel maggio 1949 con la denominazione “Ente del porto industriale di Trieste”.
La diagnosi/cura della Regione campeggia già al punto 1 del deliberato: mandato al direttore generale Roberto Finardi per costituire un gruppo di lavoro interdirezionale incaricato di lavorare su tre direttrici prioritarie. In primo luogo valutare l’attualità della funzione istituzionale dell’Ezit e l’adeguatezza dell’apparato organizzativo. Poi si occuperà della configurazione giuridica e della consistenza economico-patrimoniale. Infine l’équipe regionale svolgerà un’analisi costi/benefici con riferimento al contenzioso in corso con l’Agenzia delle Entrate relativo a una cartella da ben 9,5 milioni. Una vicenda - spiega Zuban - legata alle plusvalenze da vendite di terreni, che ha avuto inizio fin dal 1981.
Il punto 2 della delibera giuntale incalza gli amministratori dell’Ezit a ridurre le spese, ad attuare la riduzione dei compensi, a tagliare le spese su convegni-mostre-pubblicità-rappresentanza, «a disporre i necessari accantonamenti» riguardanti la cartella Equitalia e i crediti “incagliati”. “Incagliamenti” a loro volta motivati - argomenta nuovamente Zuban - da crisi aziendali e ammontanti a circa 500 mila euro. Quindi, tra Equitalia e “incagliamenti”, saremmo attorno ai 10 milioni di euro.
Buona parte dei problemi finanziario-gestionali, che affliggono l’Ezit, è generata dal fatto che l’ente, per sopravvivere, costruisce il suo bilancio vendendo immobili, una prassi tollerata, ma non consentita dalla normativa contabile pubblica. «L’Ezit - riprende Zuban - rappresenta un’eccezione giuridica nel panorama nazionale. È un ente pubblico non economico, che serviva originariamente a vendere terreni industriali a prezzi calmierati. Oggi il quadro economico e istituzionale è profondamente diverso: l’Ezit gestisce la bonifica del Sin e diventerà agente di sviluppo territoriale, per attrarre investimenti e insediamenti». Però al momento l’ente non ha altre entrate significative che non siano i proventi di “immobiliarista” industriale.
Ma per cambiare pelle occorre evolvere le regole: l’Ezit ha 27 dipendenti (compreso il direttore), considerati troppi dalla Regione che ha già invitato l’ente a dimagrire gli organici. Su 2 milioni di costi a bilancio, un milione 700 mila euro è assorbito dagli stipendi. La situazione dell’Ezit è piuttosto curiosa: da anni segnala un disavanzo di circa 900 mila euro, ma da parte possiede un “tesoretto” immobiliare di 33 mila metri quadrati di aree proprie e un centinaio di appartamenti. Valore delle poste? «Diciamo 150 milioni», chiude Zuban. Che non le può utilizzare, perchè non può alienare immobili. E allora?
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