Narodni dom, schierati trecento agenti e visita con tappe-lampo per Mattarella e Pahor
TRIESTE Trecento agenti mobilitati tra domani e lunedì per la sicurezza di un evento storico, che le istituzioni hanno basato su visite lampo alla Foiba di Basovizza, al Monumento ai fucilati e infine al Narodni dom. Tre momenti solenni, svolti all’insegna della rapidità, perché le cerimonie si terranno a porte chiuse, coinvolgendo un numero limitato di persone, nel rispetto del distanziamento imposto dal coronavirus. Italia e Slovenia lavorano intanto alla definizione degli ultimi dettagli del programma, mentre il cda dell’Università di Trieste ha dato ieri il via libera alla sottoscrizione del protocollo per la cessione dell’edificio di via Filzi, che preoccupa i vertici dell’ateneo per le ricadute del trasloco. La macchina organizzativa sul territorio si metterà in moto domani, con la bonifica dei luoghi della visita. In due giorni saranno dispiegati trecento fra poliziotti, carabinieri, finanzieri, specialisti della prevenzione di attentati e reparti mobili per l’ordine pubblico. Non risultano tuttavia manifestazioni di protesta né sarebbero autorizzate nel giorno della visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dell’omologo sloveno Borut Pahor.
Il calendario si dipanerà lunedì mattina. Dopo l’atterraggio a Ronchi, Mattarella attenderà l’arrivo di Pahor alla caserma del Reggimento Piemonte Cavalleria a Opicina. Da lì le autorità partiranno alla volta di Basovizza, visitando prima la Foiba e poi il cippo dedicato agli antifascisti sloveni. Se l’omaggio ai quattro militanti del Tigr è stato criticato dalla destra, il Quirinale non considera fondate le polemiche su un monumento cui le autorità italiane prestano tributo ogni anno dal 1945. I due presidenti si sposteranno a quel punto in Prefettura per consegnare un’onorificenza allo scrittore Boris Pahor e assistere alla firma del protocollo del Narodni dom, che per l’Italia verrà siglato dai ministri Luciana Lamorgese e Gaetano Manfredi. La mattinata culminerà con il sopralluogo all’edificio di via Filzi. Dopo un pranzo in Prefettura, Pahor tornerà a Lubiana e Mattarella incontrerà le associazioni degli esuli. Tutto sarà svolto all’insegna della prevenzione anti Covid: massima attenzione al distanziamento e riduzione al minimo delle delegazioni e dei giornalisti. Prevista una quarantina di persone tra autorità e rispettivi staff.
Le limitazioni al traffico saranno minime, con blocchi alle vetture pochi minuti prima del passaggio del corteo presidenziale e, nei siti previsti dal cerimoniale, soltanto per il breve tempo di permanenza, stabilito in una decina di minuti per tappa. Per rendere più gestibili le operazioni, si è scelto l’impiego di pulmini per evitare lunghi serpentoni di auto blu. Non si preannunciano problemi per i due luoghi della memoria nella periferica Basovizza, ma è stato deciso di non fermare neppure il traffico sulle Rive, limitandosi a intervenire sullo stop ai pedoni. Qualche misura aggiuntiva è stata studiata solo per il Narodni dom: durante la visita dei due capi di Stato, la circolazione sarà bloccata in via Filzi e qui saranno previsti gli unici divieti di sosta, posizionati da domenica anche nelle vie Geppa e Galatti.
E a proposito dell’edificio oggi appartenente all’Università, il cda di piazzale Europa ha dato ieri mandato al rettore di firmare il protocollo per la cessione. Roberto Di Lenarda sposa le ragioni simboliche del passo, ma sottolinea le perplessità: «Speriamo di non ricavarne un vulnus rispetto all’offerta formativa e al lavoro dei nostri docenti. Abbiamo preso atto della volontà di chiudere una partita che si trascinava da troppo, ma vanno messi in campo tutti gli sforzi per permettere all’Università di ridurre i rischi di un’operazione decisa in altre sedi e con altre finalità. Tutto potrà andare per il meglio se, nella forma e nella sostanza, sarà attuato quanto previsto dal protocollo». Di Lenarda vuole certezze rispetto all’impegno del Miur di finanziare il restauro del Gregoretti 2 di San Giovanni, perché «per l’Università lasciare via Filzi è un problema organizzativo importante e un cambio di abitudine che ci fa uscire dal centro città, ma ci siamo messi a disposizione perché siamo uomini delle istituzioni». —
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