Nanga Parabat sbanca nella Champions per cani

Il San Bernardo di 3 anni di Renato Coronica ha conquistato i giudici in Belgio per la sua bellezza

«È come se avesse vinto la Champions League dei cani». Per dare la misura dell’impresa compiuta dal suo Nanga Parabat, Renato Coronica si affida ad un metro di paragone che tutti possono capire e comprendere. Nanga Parabat dell’allevamento “Contea Margherita” di Gorizia è un San Bernardo di tre anni, pesa 85 chilogrammi e, secondo i giudici che in Belgio lo hanno valutato, rappresenta la massima espressione dello standard ideale della sua razza. Per le caratteristiche morfologiche gli è stato quindi assegnato il titolo di Campione internazionale di bellezza. Il riconoscimento europeo è il frutto di una passione nata 37 anni fa. Coronica e la moglie Maria Venuti allevano i San Bernardo da sempre, ma il primo premio nazionale è arrivato nel 1998 con il primo posto al campionato italiano Enci conquistato da Margherita II.

A distanza di anni, non solo la storia si è ripetuta (con la vittoria dello stesso titolo da parte di Nanga Parabat alla mostra nazionale canina di Gradisca d’Isonzo dello scorso settembre), si è addirittura superata con il riconoscimento assegnato dalla Fci, la Federazione cinologica internazionale. «È un traguardo importantissimo perché per arrivare alla meta Nanga si è confrontato con i migliori San Bernardo europei», sottolinea soddisfatto Coronica ricordando che il cammino non è stato affatto facile. Già per arrivare al titolo italiano era stato necessario vincere le mostre speciali dedicate alla sola razza santa e quelle internazionali. Il pedigree di Nanga Parabat è di garanzia. La mamma Chérie du Grand Saint Bernard arriva direttamente dall’Ospizio del Gran San Bernardo in Svizzera, luogo d’origine della razza. E proprio sulle origini dei San Bernardo rimangono ancora oggi molti punti interrogativi. Si ritiene che forse la razza sia il risultato di un incrocio di cani della zona con mastini, terranova e danesi. La più antica menzione risale al 1708, ma è certo che l’Ospizio li possedesse già prima del Settecento. Preziosi aiutanti dei religiosi che ospitavano i viandanti della via Francigena, questi cani dalle guance pendule e dallo sguardo mite e affettuoso hanno contribuito a dare un’immagine popolare dell’Ospizio e della sua missione nei confronti di chi attraversava le Alpi.

Stefano Bizzi

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