Nacci e l’arte del camminare

Esce per Ediciclo “Alzati e cammina” dell’insegnante e poeta triestino che in giugno organizza il Festival della Viandanza a Monteriggioni in Toscana

«Questo non è un libro che si rivolge solo a chi ama camminare o a chi vorrebbe farlo, anzi», precisa subito Luigi Nacci, poeta e scrittore che ha trovato nella viandanza la sua grande metafora. «Ci si può alzare e mettere in cammino anche senza i piedi o le gambe, o essendo rinchiusi in una cella. È l’idea di accettare il rischio e cambiare, che mi preme» dice. «Così come mi sta a cuore il termine viandanza, parola antica, talmente bella da essere stata a lungo dimenticata. Evoca l’immagine di una danza sulla strada, o della strada, felice di ricevere chi la attraversa. Fa pensare a una liberazione del corpo, una gioia data dalla perdita delle maschere che indossiamo, una grande festa in cui coesistono fatica e allegria, condivisione e solitudine».

“Alzati e cammina. Sulla strada della viandanza”, questo il titolo, arriva nelle librerie domani pubblicato da Ediciclo (pagg. 192, euro 15).

Insegnante, critico, guida naturalistica, organizzatore di eventi (tra cui il Festival della Viandanza che si tiene a giugno a Monteriggioni in Toscana), Nacci è tra i fondatori dell’Associazione Il Movimento Lento e del gruppo Rolling Claps, dedicato alla riscoperta di antiche vie. Un poeta dalla biografia eterogenea, insomma.

«Camminando – spiega - ho scoperto che poesia e cammino sono due germogli della stessa pianta. Entrambi sono modi di vedere ed esperire il mondo che si fondano sul ‘piede’: come unità ritmica, cioè come unità vitale, che scandisce il tempo e ci fa affrontare l’attraversamento dello spazio. Entrambi legati al respiro, e a una ricerca di fusione tra verticalità e orizzontalità, di incontro con l’altro, di silenzio e di apertura. Entrambi lontani dal potere, e diretti verso l’essenzialità. Il cammino insegna che tutto quello che abbiamo imparato torna a galla, si mette in circolo, tutto trova il suo senso rinnovato. Anche se è in prosa, questo libro credo sia il più legato alla poesia che abbia scritto».

Sono chiamati a raccolta lumi tutelari cari a viaggiatori e viandanti, di ogni epoca e genere. Molti i poeti: da Brecht a Eliot, da Hikmet a Kavafis, da Machado ad Atxaga. Ma non si tratta di un'opera in versi, né di un manuale, un romanzo o un diario. Ci sono aneddoti altrui, confessioni, citazioni, sfide e provocazioni.

«Sta sul confine tra testo narrativo, saggistico, eserciziario, zibaldone», dice Nacci. «Perché la forma è contenuto: se il viandante è senza forma e identità, visto che le ha perse oltrepassando l’uscio di casa, un libro che ha il viandante al centro dev'essere uguale. È, potremmo dire, un altro genere: di “soglia”».

Una soglia esistenziale, innanzitutto: le esperienze dell'autore vanno nella direzione della ricerca di un altro vivere possibile. È anche un libro sulla fenomenologia della partenza, nella quale «si può solo entrare», e una volta entrati, difficilmente si può tornare indietro.

Luigi Nacci offre la sua maniera di cambiare sé stessi e di mettersi in discussione, quella che lui ha scoperto attraverso anni di pellegrinaggi laici. Otto, per la precisione, sono quelli serviti a distillare in queste pagine la sua intensa riflessione. «La viandanza davvero è una rivoluzione. Chi ha camminato già lo sa, chi leggerà queste pagine potrebbe scoprirlo presto».

Nelle sue parole c'è lo slancio del predicatore, mescolato all'umiltà di chi continua incessantemente il cammino, ci sono lentezza e urgenza, una durezza franca e la tenerezza della condivisione buona.

Si rivolge a tutti, senza distinzioni, di genere, di classe sociale, di età. Dall'alpinista allo zoppo, dal bambino all'ottantenne, dal manager alla pensionata. «Arriva un momento nelle nostre vite in cui capiamo che è tempo di una scossa. Tutti ci sentiamo infelici in determinati periodi, a causa del lavoro, della famiglia, dei soldi, della salute, non ha importanza perché. Tutti però ci lamentiamo troppo spesso senza fare nulla, rimaniamo nelle vecchie abitudini, troviamo delle scuse per rimandare. Il cammino è un’esperienza complessa, fisica e mentale. Ti costringe a ripensare a tutto, a dimenticare come ti chiami, a ribaltare le tue conoscenze. Tutte le domande, i dubbi, i tentativi di uscita dal pantano che trovi nel libro sono stati prima di tutto miei. È un libro nato dalla necessità, e questa necessità – di rivoltare la nostra vita – ci riguarda tutti».

Sabato, “Alzati e cammina” sarà presentato da Paolo Rumiz alla Libreria Minerva, alle 18, in via San Nicolò 20 a Trieste. «Faremo quattro chiacchiere e poi si va tutti a piedi al Molo Audace - dice Nacci sorridendo -. Alfredo Lacosegliaz offrirà un tributo al sole in musica, scritto per l'occasione. Ognuno è invitato a portare qualcosa da bere e da mangiare per condividerlo con gli altri, per festeggiare insieme, al di là del libro, come se fossimo in un rifugio sul cammino».

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