Museo di via Cumano: trasloco senza colpevoli
Il colpevole non si trova. Come in un giallo che si rispetti. Piccolo particolare: in questa storia non ci sono maggiordomi. Almeno apparentemente. Il trasferimento del Museo di Storia naturale da piazza Hortis alla palazzina truppe della Caserma Duca delle Puglie di via Cumano non ha un autore. Non ha un mandante. Non ha un padre. Non c’è uno straccio di delibera comunale sulla fine ingloriosa del “Civico Museo Ferdinando Massimiliano” nato nel 1856. Un delitto perfetto. Non si trova un documento neppure a cercarlo per due giorni di seguito. Sfortuna. Nessuno che rivendichi il copyright del polo museale di via Cumano con dentro le collezioni di storia naturale e quella di guerra di de Henriquez (in deposito lì da anni, a marcire più che a marciare). «Non ho ancora trovato nessuno dentro il Comune che mi abbia detto che l’idea era sua» racconta Nicola Bressi, attuale direttore del museo. «Un crimine perpetrato dai Lavori pubblici» aggiunge Sergio Dolce, l’ex direttore andato in pensione in via dei Tominz assieme al suo museo. «Ho combattuto fin che ho potuto e poi, con grande amarezza, me ne sono andato» si è sfogato su Facebook. «Nessuno mi ha ascoltato. Di fronte c’era un muro di gomma».
Nessuno che rivendichi l’idea. Il motivo? Non è stata una grande trovata. A denti stretti ora lo ammettono quasi tutti. Le responsabilità politiche sono chiare. L’opera va interamente a carico dell’amministrazione di centrodestra (la seconda dell’era Dipiazza) anche se a monte c’è un finanziamento di 7milioni 393mila euro concesso dalla Regione guidata da Riccardo Illy. «Abbiamo finanziato il polo museale, ma non siamo mai entrati nel merito del Museo» spiega l’ex assessore regionale Roberto Antonaz. A testimoniarlo ci sono le inaugurazioni in via dei Tominz. La prima il 21 dicembre 2008 a trasloco in corso: il taglio del nastro del «primo lotto di un grande polo museale».
«La nuova casa del Museo, costata 4 milioni 250 mila euro, finanziati da Regione e Comune, è stata realizzata in poco più di due anni» si legge nelle cronache. La seconda inaugurazione, ancora a trasloco in corso, avviene il 25 giugno 2010. Taglio del nastro delle prima delle quattro sale allestite in tutta fretta con la benedizione di don Ettore Malnati.
«Abbiamo investito 5 milioni di euro in un’opera che con il museo della guerra per la pace (de Henriquez, ndr) sarà completata entro il prossimo anno e farà di quest’area un polo di eccezionale valore», dichiarazione del sindaco Roberto Dipiazza durante l’ultima campagna elettorale. Profezia alla Nostradamus. Per ora è terminato il trasloco, portato in porto con fatica a fine 2011 dalla nuova amministrazione di centrosinistra complice anche lo sversamento a Palazzo Biserini di formaldeide dalla vasca di un Celacanto. Il futuro non appare così radioso.
Il trasloco del museo è stato fatto in fretta e furia. C’era da svuotare Palazzo Biserini per far partire i lavori per la Biblioteca in modo che fosse pronta prima delle elezioni dello scorso maggio. Pie intenzioni. «Siamo stati cacciati da piazza Hortis. Ci hanno costretto. Hanno tagliato il riscaldamento di Palazzo Biserini a fine 2009», racconta Dolce.
Dentro c’erano, oltre ai mobili ottocenteschi del museo («In via dei Tominz non erano stati previsti. Non ci stanno» racconta Dolce), anche ancora molti reperti oltre, come si è scoperto in questi giorni, a 350mila libri della Biblioteca civica. «Nessuno mi credeva quando raccontavo che c’era più di un milione di pezzi da spostare» racconta l’ex direttore. Pezzi ora finiti dentro gli scatoloni nell’ex caserma di via Cumano.
La giunta Cosolini eredita un «museo da 5 milioni di euro» (stima Dipiazza) che dovrà probabilmente “ritraslocare”. Almeno in parte. «Un errore a cui non sarà facile rimediare» dice l’attuale sindaco. «Non c’era alternativa» allargano le braccia gli amministratori di allora. «Sono stati convinti dagli uffici. Mal consigliati. Nessuno era favorevole allo spostamento», assicura Bressi.
Il suo predecessore fa, invece, nomi e cognomi. «L’errore è stato fatto dalla giunta precedente che alla Cultura aveva un assessore contrario alla scienza. Sostenuto dal sindaco e dal direttore dell’area Cultura di allora» spiega Dolce. «Una scelta politica. I responsabili si conoscono» chiosa acida Diana Cuderi, tornata da poco alla direzione della Biblioteca Civica.
Il principale accusato, Adriano Dugulin, ex responsabile dell’Area cultura nella precedente amministrazione (ora incaricato alla promozione progetti culturali), però non parla. «Non sono autorizzato» dice. Poi, dopo una verifica, taglia corto. «Non ho niente da dire. Mi dispiace per voi». A proposito di maggiordomi. E di racconti gialli.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo