Muore Giampaolo Marsi, apripista della Fisiatria a Trieste. Per tutti era «il dottore»

Classe 1936, se n’è andato per una polmonite legata al coronavirus. Il ricordo dei figli. «Era un medico vecchio stampo, attento e paziente» 
Giampaolo Marsi in una foto di qualche tempo fa scattata insieme ai figli
Giampaolo Marsi in una foto di qualche tempo fa scattata insieme ai figli

TRIESTE Giampaolo Marsi era per tutti il dottore. Un appellativo a cui teneva molto. «Un uomo e un medico vecchio stampo. Per i suoi pazienti era sempre a disposizione: sapeva ascoltare, andava a casa loro, anche quando non era necessario, anche solo per un saluto».

Purtroppo però il dottor Marsi è diventato a sua volta un paziente: è scomparso dopo una polmonite fulminante, causata dal coronavirus. Tuttavia l’amore che aveva riservato ai suoi pazienti, racconta la figlia Paola, con il fratello Massimo, gli è stato restituito fino all’ultimo «sia nella casa di riposo Meridiana, seguito anche dal dottor Luca Maschietto, sia all’ospedale».

Giampaolo Marsi
Giampaolo Marsi


Classe 1936, specializzato in Medicina fisica e riabilitativa a Padova, «mio padre era stato tra gli apripista della Fisiatria a Trieste», sottolinea la figlia. Era stato nominato viceprimario della divisione lungodegenti a San Giovanni dal professor Vincenzo Zucconi, al quale si deve, tra le varie cose, l'istituzione della Scuola regionale in un’epoca in cui la figura del fisioterapista era, in Italia, ancora rarissima. Il percorso di Marsi all’interno di questa branca però si arrestò in parte abbastanza presto.

Proseguì infatti la sua carriera nel campo della Medicina generale, ma al contempo non tralasciò completamente la sua prima vocazione, assumendo l’incarico di direttore sanitario all’interno dello studio di fisioterapia Gardelli, che mantenne anche dopo i 65 anni, quando andò in pensione. Nel 2002 tuttavia ebbe un arresto cardiaco. Fu solo una parentesi, che però si riaprì all’età di 84 anni. Fu in quel momento che i figli si trovarono costretti a inserirlo in una casa di riposo, nonostante «fosse in parte lucido: era ancora capace di sciorinare Dante a memoria», commenta Paola.

Nella residenza per anziani continuò comunque a ricevere visite e a essere seguito dall’amico e collega Fabio Fanna. «Che, pur non essendo più il suo medico curante, ha continuato con passione a monitorare i clinici. Di fatto è stato come un membro di famiglia». Con l’arrivo della pandemia gli incontri con i parenti nella residenza si sono però sempre più diradati, fino a essere sospesi. «Non ho praticamente più visto papà - conclude la figlia -, ma ci siamo sentiti sempre al telefono: per un salutino come diceva lui, anche ai suoi “bambini”, così continuava a chiamare i suoi nipoti ormai cresciuti». —


 

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