Muggia, «Prima il sorriso, poi la fine. E ho perso il mio fratellino»
«L’unica consolazione che ho è che si è spento mentre giocava a bocce, una delle sue più grandi passioni». A parlare è Maria, la moglie di Daniele Deffendi, l’uomo di 59 anni che giovedì sera, intorno alle 19, ha perso la vita dopo un malore mentre si trovava impegnato in un allenamento di bocce a Muggia. «È stato tutto così improvviso che ancora non ce ne rendiamo conto. Era felice, mi aveva detto che gli allenamenti stavano andando molto bene e che il gruppo di amici era coeso e che si divertiva», continua la moglie di Deffendi: «Le bocce erano la sua vita, dopo la famiglia, da quando avevamo chiuso le nostre attività lavorative per un precedente infarto che aveva avuto. Ma stava bene. Si era ripreso. Appena due settimane fa era arrivato secondo, per un soffio, in una gara importante. Seguiva le cure del suo cardiologo in maniera scrupolosa e non aveva più dato segni che non fosse in salute. È morto sul campo, tra le braccia del suo migliore amico».
Ex imprenditore insieme alla moglie, era stato titolare di tre lavanderie in via Conti. Padre di due figli, Jennifer e Denis, Daniele Deffendi era anche nonno di un bimbo. «Tra due mesi, a dicembre, sarebbe diventato nonno per la seconda volta. Una bambina da parte di nostro figlio Denis, ed era entusiasta per questo nuovo arrivo nella nostra famiglia. Purtroppo non conoscerà la nuova nipotina», conclude Maria con la voce rotta dalla commozione.
Era molto conosciuto e benvoluto tra i bocciofili, Daniele Deffendi. Aveva iniziato a praticare le bocce quando aveva 16. Il suo migliore amico, Mario Rosati, gli aveva trasmesso, insieme al padre Pericle Deffendi, questa passione, tramandandogli i segreti e la gioia di calcare i bocciodromi. Da poco più di un anno si era iscritto alla Società Muggia Bocce 1981-2017, per seguire gli amici di sempre e per organizzare una nuova squadra per il campionato nazionale di Promozione.
«Era come un fratello minore, per me. Anche per la differenza d’età che ci separava», aggiunge proprio l’amico Mario Rosati trattenendo le lacrime a fatica. «Io e mia moglie siamo compari di nozze di Daniele e Maria. Praticamente abbiamo trascorso insieme una vita, condividendo le gioie e la grande passione per le bocce, che ci accomuna. Insieme siamo andati ovunque in Italia, partecipando a tornei e divertendoci. Stando bene. Era una persona positiva e gentile, come ce ne sono poche», dice Rosati che, infine, sconfortato, ricorda il pomeriggio del malore fatale. «Mentre ci stavamo allenando, l’ho visto un attimo prima ridere contento per uno splendido colpo che aveva tirato. Poi, di colpo, è sbiancato e si è accasciato sul campo dicendo che non si sentiva bene. Da lì in poi la situazione è peggiorata di secondo in secondo. Vedendo che non riusciva a riprendersi, abbiamo chiamato i soccorsi. I medici ci hanno detto per telefono cosa fare e abbiamo cominciato a praticargli il massaggio cardiaco. Io e Alessandro ci davamo il cambio, stremati, mentre continuavamo con le compressioni. Ho 71 anni ma ho trovato una forza che non sapevo nemmeno di avere. Mi fermavo solo quando non avevo più fiato. Volevo salvarlo a tutti i costi. Poi sono arrivati i soccorsi e ci siamo fatti da parte. I medici lo hanno defibrillato, gli hanno praticato ancora il massaggio cardiaco per diverso tempo, poi lo hanno portato via, al Pronto soccorso. Ringraziamo i sanitari, che sono stati magnifici e che hanno fatto del loro meglio, ma si vedeva che la situazione era disperata. Dopo poco tempo siamo andati in ospedale anche noi, per sapere. Non riuscivamo a non essergli accanto. Poi è uscita una dottoressa dalla sala e, solo guardandola negli occhi, ho capito che quello che consideravo il mio fratellino minore non c’era più. Dopo la notizia, ho passato la notte in bianco senza riuscire a chiudere occhio. Sento come se una parte di me se ne fosse andata via per sempre. Non potremo mai dimenticarlo».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo