Mostar, non gradito il presidente croato neo-eletto a Sarajevo

Il messaggio apparso su uno striscione accanto alla cattedrale

MOSTAR. Željko Komšić, eletto il 7 ottobre scorso quale membro croato alla presidenza tripartita della Bosnia-Erzegovina, è persona non grata a Mostar: così almeno si legge su un grande striscione apparso accanto alla cattedrale del capoluogo dell'Erzegovina.

Già i funzionari dei cinque cantoni in cui i croati sono la maggioranza della popolazione, e sono governati dall'Hdz (nazionalista), emanazione dell'omonima formazione politica di Zagabria dove regge il governo con il premier Andrej Plenković, hanno firmato una lettera aperta in cui dichiarano Komšić persona non grata.

Komšić, lo ricordiamo, ha vinto su Dragan Čović con il 52% delle preferenze contro il 37% del suo avversario principale, ed ora i nazionalisti croati protestano poiché «i bosgnacchi musulmani hanno eletto per i croati il loro rappresentante», come già avvenuto due volte, nel 1996 e 2010.

La Costituzione bosniaca prevede, infatti, che il membro serbo della Presidenza venga eletto nel solo territorio della Republika Srpska (Rs, entità a maggioranza serba), mentre l'esponente bosgnacco e quello croato può essere scelto da tutti i cittadini della Federazione Bh (entità a maggioranza croato musulmana di Bosnia): serbi, croati e i più numerosi musulmani.

Secondo il censimento del 2013, i croato-bosniaci sono poco più di mezzo milione e Čović, nonostante l'aperto sostegno di Zagabria, con 147 mila voti, ha conquistato, sottolineano gli analisti, meno di un quarto dell'elettorato.

A livello politico, intanto, il premier bosniaco Denis Cvizdić, ha invitato il suo omologo croato Andrej Plenković, a non «abusare» del fatto di far parte dell'Unione europea per ingerire negli affari interni della Bosnia-Erzegovina, presentando in Europa i croato-bosniaci come discriminati, senza pari diritti in Bosnia.

La questione aperta dai croati altro non è che l’ulteriore capitolo di una disputa politico istituzionale che sta andando avanti da tempo a Sarajevo. I croato-bosniaci, infatti, stanno chiedendo con vigore di essere riconosciuti come entità al pari dei serbi, ma questo prevede oltre che a una riforma della Costituzione della Bosnia-Erzegovina, dove in un Parlamento costituito da partiti etnici difficilmente sarebbe attuabile, e degli Accordi di Dayton del 1995 ancora difesi, seppur con qualche scricchiolio, dalla Comunità internazionale.

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