Mossa: non crediamo all’uscita dall’euro ma l’incertezza pesa su famiglie e imprese
TRIESTE Gian Maria Mossa, amministratore delegato di Banca Generali, riflette sulla reazione degli investitori di fronte all’aumento dello spread e alla volatilità dei mercati. C’è un caso Italia? «C’è preoccupazione come dimostra il fatto che la liquidità nei conti correnti ha raggiunto il massimo storico a oltre 1400 miliardi, secondo gli ultimi dati di Bankitalia di inizio anno, e le nostre evidenze la danno ancora in aumento. Nel mondo del risparmio gestito si nota un rallentamento fisiologico della raccolta. Oggi più che mai c’è una richiesta di protezione da parte degli investitori».
L’andamento di Banca Generali?
Nonostante questo clima di incertezza Banca Generali continua a crescere e mantiene un’eccellente solidità patrimoniale. A ottobre da inizio anno abbiamo raggiunto quota 4,3 miliardi di raccolta e le nostre masse in gestione i 58,5 miliardi. Nel mondo del private banking siamo considerati un porto sicuro per la solidità della nostra realtà e per l’approccio prudente al rischio. In dicembre presenteremo a Londra il nuovo piano industriale che conterrà le linee guida della strategia di crescita della banca dopo la recente operazione straordinaria sulla boutique di private banking Nextam Partners e la partnership nel trading con la banca danese Saxo Bank.
Come gestite le problematiche legate alle voci di uscita dall’euro? C’è un rischio di fuga dei capitali?
Mai come oggi c’è necessità di consulenza per fare chiarezza su questa situazione di incertezza che alimenta emotività e paura. Crediamo nei fondamentali solidi del Paese che è sempre la seconda manifattura d’Europa, ma le condizioni economiche globali stanno rallentando e si consiglia prudenza.
Non crediamo alla voci di un’uscita repentina dall’euro, che non mi pare sia una prospettiva realistica; e non mi sembra neanche i risparmiatori, visto il record di liquidità parcheggiata sui conti correnti che vengono preferiti in questa fase ai fondi di investimento. In questi momenti è importante mantenere la lucidità e il giusto approccio per non farsi travolgere dall’onda emotiva causata dalla fase ribassista dei mercati, quando invece potrebbe essere opportuno analizzare le diverse scelte e valutare magari le opportunità di un’accurata diversificazione.
Gli investitori hanno ancora fiducia nel Sistema Paese in tempi di spread alle stelle?
L’emotività non è mai buona consigliera. Lo spread a quota 300 riassume una situazione di incertezza molto elevata conseguenza di timori nel breve termine. I rendimenti pagati dall'Italia sui titoli biennali sono molto più alti anche rispetto a Paesi come Spagna e Portogallo, il che appare un paradosso se si considera la differenza tra le economie dei due paesi sotto il profilo dei fondamentali. In questo momento si tende a sovrastimare i rischi di breve, sottostimando però gli orizzonti di lungo termine.
Può spiegare?
Il Pil anche se in lieve rallentamento resta comunque positivo. La debolezza dell’euro può favorire le nostre aziende esportatrici che restano molto competitive e organizzate per le sfide sui mercati globali. Complessivamente il sistema bancario si è rafforzato e risulta più solido, ad esempio della crisi del 2011. Inoltre la ricchezza finanziaria privata continua a essere in crescita e fra le più alte del mondo, e questo è un asset da proteggere.
Vede rischi all’orizzonte?
La crescita e il Pil di un Paese sono legati non solo alla domanda di export ma anche all’andamento dei consumi. Un calo della fiducia, per effetto di un periodo troppo prolungato di incertezza e tensioni, potrebbe appesantire il rallentamento che per certi versi si sta delineando nel ciclo economico globale. Nel breve una brusca frenata della domanda interna potrebbe anche determinare variazione negative. —
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