Mosca all'Onu: «A Srebrenica non fu genocidio»

La Russia mette il veto alla risoluzione di condanna: «Testo non costruttivo, motivazioni politiche». Soddisfatta Belgrado
Donne in preghiera sulle tombe di Srebrenica (foto d'archivio)
Donne in preghiera sulle tombe di Srebrenica (foto d'archivio)

SREBRENICA. La risoluzione su Srebrenica non è passata. A vent’anni dal massacro di oltre 8mila musulmani l’11 luglio del 1995, il testo di condanna dei fatti proposto dalla delegazione britannica all’Onu non ha superato la prova del Consiglio di Sicurezza.

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A bocciare la bozza, che condannava il «genocidio» perpetrato dalle forze serbo-bosniache, è stata la Russia, che ha usato il suo diritto di veto. La Cina, un altro dei membri permanenti del Consiglio, ha deciso di astenersi così come hanno fatto Nigeria, Angola e Venezuela. In totale dieci Paesi si sono espressi a favore, dopo che il voto sulla risoluzione era stato rimandato per quattro volte da martedì mattina fino a ieri pomeriggio.

Inutili gli sforzi dei diplomatici britannici che hanno modificato la propria bozza per ben sei volte, nella speranza di renderla il più consensuale possibile, e che si sono detti «scioccati» dal veto di Mosca. A detta dell’ambasciatore russo all’Onu, Vitaly Churkin, il testo presentato era «non costruttivo, provocatore e spinto da motivazioni politiche».

«La colpa del passato era in sostanza addossata ad un solo popolo», ha riferito Churkin, spiegando che «il nostro voto “contro” non significa tuttavia che siamo sordi alle sofferenze delle vittime di Srebrenica o delle altre aree della Bosnia ed Erzegovina». «C’è stato un genocidio a Srebrenica. Questo è un fatto legale, non un giudizio», la replica del diplomatico britannico Peter Wilson.

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11 Jul 2012, Srebrenica, Bosnia and Herzegovina --- A Muslim woman grieves at the casket containing remains of a relative who lost his life at the hands of the Serbian Army in July, 1995. He joins 519 others now identified from mass graves and ready for burial after 13 years. --- Image by © David Bathgate/Corbis

La Russia sposa dunque la posizione di Belgrado, che tuttora non riconosce al massacro di Srebrenica l’appellativo di “genocidio”, come indicato nel 2007 dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Nelle ultime settimane, le autorità serbe hanno ripetuto a più riprese che l’eventuale approvazione della risoluzione Onu non avrebbe fatto altro che inasprire le tensioni in Bosnia ed Erzegovina, dove i serbi costituiscono una delle tre comunità che formano il Paese.

Il primo ministro serbo Aleksandar Vucic aveva annunciato che il testo proposto da Londra non sarebbe stato approvato «nella sua forma attuale» e che aveva ricevuto «garanzie al riguardo». Vucic ha quindi deciso di recarsi finalmente a Srebrenica, dove dopodomani sono attese circa 50mila persone per la commemorazione ufficiale del genocidio.

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«Mostreremo che la Serbia è capace di ammettere che alcuni individui abbiano commesso crimini - ha affermato il premier serbo - questo è il miglior messaggio di riconciliazione e offre la mano a tutti quelli che vogliono ascoltare il nostro messaggio».

E mentre a distanza di vent'anni le famiglie delle vittime ancora cercano le ossa dei loro cari tra i boschi della zona, al memoriale di Potocari, dove riposano le migliaia di persone uccise dalle milizie di Ratko Mladic, l’attesa è scandita dagli ingressi ordinari dei visitatori, mentre all’esterno le troupe televisive si preparano già per la copertura di un anniversario storico, ma che ancora una volta non farà l’unanimità.

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