Morto Meneghin, patron del calcio e carrozziere

Si è spento all’ospedale San Polo, dopo una malattia che da tempo lo affliggeva, Renzo Meneghin, storico carrozziere e voto noto nel calcio locale. Lascia la moglie Bruna Padovan, con la quale era sposato da ben 61 anni, e i figli Patrizia e Renato.
Meneghin risultava iscritto all’albo regionale degli esposti all’amianto e per questo alla sua morte è stata disposta l’autopsia, eseguita ieri dall’anatomopatologo Alessandro Brollo. In gioventù, prima di intraprendere la prolifica carriera con l’officina di via Colombo, tra le più antiche in città, l’uomo aveva lavorato nelle ferrovie come saldatore elettrico dal ’55 al ’62, coibentando le paratie d’amianto dei vagoni treno. In tarda età, come spiega la figlia Patrizia, aveva sviluppato placche pleuriche e per questo respirava con le bombole d’ossigeno ed era in cura alla Pineta del Carso. La famiglia del defunto non ha ancora potuto disporre i funerali perché attende il nulla osta alla sepoltura, dopo l’esame autoptico.
Ex patron della Romana e del Monfalcone calcio, Renzo Meneghin, nato qui e residente in via Garibaldi, avrebbe compiuto 86 anni il 25 aprile. Fin da giovanissimo aveva coltivato diverse inclinazioni, tra cui quella musicale: fisarmonicista, dal ’38 aveva suonato nell’orchestra "I 7 nani". Ma lo sport può considerarsi la sua grande passione, che l’ha sempre accompagnato. Dal ’46 al ’56 giocatore di basket, ma anche pattinatore nelle gare dai 300 metri ai 50 chilometri (la Monfalcone-Trieste e ritorno), era diventato poi presidente del calcio e della Bocciofila, partecipando attivamente alla vita associativa. Tutti lo ritraggono come una figura «positiva» e «di carattere» . «Ricordo la sua partecipazione alla festa dei 60 anni della Romana - così Alessandro Buttignon, segretario del team - e la meritoria attività portata avanti per tenere in piedi la squadra, ripartita dalla terza categoria»
Oltre a esser stato autista di camion e gruista, aveva gestito il bar della Solvay coi genitori. Poi la lunga parentesi da titolare de “La Carrozzeria”, officina con 26 dipendenti, che lo aveva portato a rappresentare gli artigiani in Cna. Lo rammenta il cavaliere Alcide Bidut: «Persona affabile, dal carattere vivo, sempre impegnato a fare del bene per gli associati. Da buon carrozziere, imbiecava ogni situazione». Con quel ruolo, nel 1964 aveva costituito il Consorzio autotrasportatori artigiani Cita. Ma aveva fatto parte anche del Consorzio Portuale, della Cassa di risparmio di Trieste e di Gorizia, nonché del Consorzio industriale. (ti.ca.)
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