Morto in sala operatoria, la Procura indaga

By-pass in Cardiochirurgia, la macchina cuore-polmoni ha smesso di funzionare: guasto improvviso o errore umano
Di Corrado Barbacini

È morto sotto i ferri durante un intervento di routine. Il pm Matteo Tripani ha aperto un fascicolo sull’improviso decesso di un paziente nella sala operatoria della Cardiochiurugia dell’ospedale di Cattinara durante le fasi di preparazione di un intervento per un by-pass aorto-coronarico. Ieri il pm Matteo Tripani ha disposto il sequestro di tutta la documentazione relativa all’intervento conclusosi così tragicamente, nonché della cartella clinica del paziente: un uomo di circa 50 anni che soffriva di stenosi coronarica e di altre importanti patologie cardiache.

L’intervento in anestesia totale prevedeva l’attivazione della macchina cuore-polmoni così da consentire di intervenire sul cuore fermato del paziente. All’improvviso si sarebbe verificato un problema tecnico relativo alla connessione delle cannule di collegamento del dispositivo al sistema circolatorio del paziente. La macchina ha smesso di funzionare: il sistema di ossigenazione si è di fatto interrotto. È successo proprio mentre i chirurghi stavano iniziando a incidere il torace per poi intervenire sul cuore - che precedentemente appunto era stato fermato - e inserire il by-pass aorto-coronarico. L’intervento non ha potuto pertanto essere effettuato per complicanze gravi insorte nella fase preliminare di connessione alla circolazione extracorporea. In conseguenza di queste complicanze il cuore, già molto sofferente, non ha retto e non ha consentito ai cardiochirurghi di procedere all’intervento di by-pass. L’anossia in pochi minuti si è rivelata fatale. Una morte incredibile, se si pensa che erano stati adottati tutti gli standard operativi di sicurezza. Per ora si possono avanzare solo ipotesi: un improvviso guasto dell’apparecchiatura o di qualche suo componente; o un errore di manovra da parte di un componente l’équipe operatoria.

L’inchiesta del pm è stata attivata dopo la segnalazione dell’accaduto giunta alla Procura dalla direzione sanitaria dell’Azienda ospedaliera. Una prassi inusuale, certamente rispettosa dell’utente e della lealtà e trasparenza delle relazioni per un necessario accertamento dei fatti e delle responsabilità. Nessuna denuncia è stata sporta dai familiari con i quali i chirurghi hanno avuto lunghi e ripetuti colloqui dopo il decesso in sala operatoria.

La macchina al centro delle indagini è un apparecchio elettromedicale utilizzato soprattutto in cardiochirurgia. Consiste in un dispositivo che garantisce la sopravvivenza dei pazienti chirurgici sostituendo temporaneamente le funzioni cardio-polmonari. Gestita dal tecnico perfusionista, rende possibili gli interventi a cuore aperto e fermo, sostituendo le funzioni cardiache con un insieme di dispositivi che garantiscano comunque l’ossigenazione dei tessuti e l’eliminazione dell’anidride carbonica.

Il sistema della Cardiochirurgia di Trieste effettua circa 650 interventi all’anno su pazienti, nel 40% dei casi provenienti da fuori provincia, alcuni da fuori regione. Malgrado vengano operati malati gravi, spesso con multiple patologie associate, i suoi risultati sono di eccellenza sia su pazienti coronarici (mortalità inferiore al 2%) che valvolari ed aortici. Tali risultati sono stati recentemente comunicati e pubblicati anche dall’Agenzia Agenas e sottolineati dal sistema di accreditamento internazionale Joint Commission International-Usa.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo