Morto Giovanni Gabrielli Una vita per la Legge

Per decenni docente di diritto civile, famoso avvocato, ottimo conoscitore della realtà economica, era vicepresidente di Allianz. Il ricordo di Claudio Magris
Di Paola Bolis
Lasorte Trieste 02/09/10 - Via Milano 17, Avv. Gabrielli,
Lasorte Trieste 02/09/10 - Via Milano 17, Avv. Gabrielli,

Disse una volta di avere «una visione cartacea dell’esistenza». E però «per chi ha esperienza e vocazione quelle carte sono eloquenti: ballano, saltano, vivono. Io sono capace di vederci il sangue della vita, lo scontro degli interessi». Parlava così, Giovanni Gabrielli, di quelle carte che aveva studiato per una vita fino a essere giurista di grande rilievo, «uno dei pochi punti di riferimento di altissimo profilo che restavano a Trieste», come ricorda «con commozione, affetto e stima» il suo ex allievo Giovanni Borgna, avvocato e presidente di AcegasAps. Gabrielli - sposato, due figli e tre nipoti - è morto a 74 anni (i funerali domani alle 12 nella chiesa di via Sant’Anastasio) dopo una malattia lunghissima che a più riprese lo aveva aggredito, ma che solo negli ultimi mesi gli ha impedito di impegnarsi nel suo studio legale dove - ricorda il suo ex allievo, successore alla cattedra universitaria di Diritto civile e collega di studio Fabio Padovini - «ha lavorato fino a primavera continuando a partecipare, sia pure dal di fuori, fino all’estate». «Giurista anzitutto, avvocato e docente universitario», aggiunge Padovini.

Laureatosi a Trieste nel 1962, libero docente di diritto civile nel 1969, ordinario dal 1976, Gabrielli - annota Francesco Peroni, l’assessore regionale che è stato rettore e prima ancora preside di facoltà - «era prima di tutto un grande uomo di cultura» e dunque «giurista nel senso più classico: studioso che sapeva calare l’approccio agli studi giuridici in un orizzonte aperto a tutto lo scibile, con una sensibilità interdisciplinare di grande modernità e con statura di intellettuale nella più ampia estensione del termine. Un maestro riconosciuto, che cercai di dissuadere» dal lasciare la cattedra per il pensionamento nel 2007. Gabrielli - che nel 1960 si era anche diplomato traduttore alla Scuola per interpreti - «era riuscito a coniugare abilità e capacità tecnica: sapeva trovare soluzioni fortemente innovative pur senza dimenticare la tradizione», ricorda ancora Padovini. «Ha sentito in particolare il peso di dare alla Facoltà una qualificazione che rispondesse alle esigenze più alte della ricerca giuridica», interviene il costituzionalista Sergio Bartole: «Ma nel contempo ha mantenuto quella amabilità che si riscontrava nei rapporti di amicizia».

Se la docenza aveva dominato la prima fase della sua attività, come avvocato - con studio a Trieste e Udine e una collaborazione con uno studio veronese - Gabrielli ha inanellato una serie di cause di forte rilievo: a livello cittadino basta ricordare quella seguita per Amt contro Ansaldo su Stream, a livello nazionale si può citare almeno la vertenza, promossa da alcune Fondazioni bancarie, che ha portato la Consulta a dichiarare l’illegittimità costituzionale della legge sulle Fondazioni stesse, laddove il ministero dell’Economia voleva incidere sulla composizione degli organi di indirizzo. Carte e carte, per le quali è transitata buona parte della realtà economica della città: ha assistito per esempio gli acquirenti in operazioni di trasferimento di pacchetti azionari di maggioranza (da Lloyd Adriatico a Saf). Del resto, lo diceva lui stesso, «ho avuto una grande fortuna: il nonno paterno (di lingua tedesca, giunto ragazzo a Trieste dalla Moravia, ndr) e mio padre avevano una fiorente azienda di articoli tecnici. Questo mi ha consentito di acquisire una mentalità che mi è preziosa perché - dicono - capisco molto bene il punto di vista dell’imprenditore». Membro della direzione di più riviste giuridiche, vicepresidente della Società italiana studiosi del diritto civile, la sua ultima delle oltre 140 pubblicazioni, riferisce Padovini, è consistita in un Trattato sulla pubblicità immobiliare «uscito dopo un lavoro costato alcuni anni».

Vicepresidente vicario di Allianz spa e presidente di Antonveneta Vita, Gabrielli ha ricoperto nei decenni molte cariche: presidente del Frie, vicepresidente della Nuova Kreditna, presidente di Lloyd Adriatico Holding spa, per citarne alcune; e poi consigliere di amministrazione di società di più settori, dall’industria alla logistica all’editoria. «Ma pur nelle mille preoccupazioni - dice Bartole - era sempre attento alle ragioni dell’amicizia: posso dirlo non solo per quanto riguarda me, ma anche amici venuti a trovarsi in situazioni di bisogno».

E tra gli amici di una vita - fin dai tempi del liceo Dante - ecco Claudio Magris. «È impensabile non dare una testimonianza per Giovanni, ma è assai difficile parlare quando si è colpiti in questo modo, con una perdita così profonda: si avrebbe voglia di dire e di tacere», inizia lo scrittore tracciando «una presenza costante nella mia esistenza, un intenso scambio di idee, atteggiamenti, opinioni politiche, anche litigi». E però «grazie a lui io ho vissuto meglio». È stato «un attraversare la vita lavorando moltissimo ma “facendo baracca” nel senso più profondo, più alto del termine. Devo a Gianni l’avere imparato insieme a ridere di ciò che continuavamo a rispettare: un riso fraterno, gioioso e non certo sarcastico, che aiuta molto a vivere».

Un aneddoto tra i tanti? L’esame di maturità: «Dopo avere studiato tantissimo andammo allo scritto portandoci lui un ritratto di Garibaldi e io uno di Mazzini e fingendo di copiare per sconcertare il presidente di commissione, convinto di trovare dizionari sotto il banco. Sapevamo che era proibito, gli dicemmo, ma da quei ritratti traevamo conforto...» Negli ultimi mesi «Giovanni mi ha arricchito anche per il modo assolutamente tranquillo con cui ha affrontato la malattia, e soprattutto per il non avere permesso che la morte cambiasse il senso della vita, tingesse tutto di nero. In un momento molto duro della mia vita - prosegue Magris - lui mi ha aiutato con pazienza e costanza, talvolta usando ruvidezza necessaria e affettuosa: io ero insopportabile. Lui è stato più sofferente di me, ma insopportabile e pesante mai. Il corpo declinava, l’intelligenza restava prontissima. Un giorno in ospedale mi ha pregato di spegnere la tv. Dopo che da minuti mi arrabattavo invano con il telecomando, lo scambio di battute: “Dame qua, xe ’sto tasto bianco”. “Ma no, el xe grigio”... Ecco, c’era ancora questa capacità di leggerezza, questa lucidità». Fino all’ultimo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo