Morti sul Lussari, atteso a ore il ritorno a Trieste delle due salme

Il pm, che non avrebbe ravvisato la necessità delle autopsie, potrebbe rilasciare già in giornata il nulla osta al trasferimento dei corpi

Morti i due triestini scomparsi sul Monte Lussari, i corpi trovati in fondo a un dirupo


Potrebbe essere già oggi il giorno in cui le salme dei due triestini Massimo Grassi e Jennifer Bubic rientreranno a Trieste, la loro città, da Tarvisio, la località di montagna nei pressi della quale venerdì scorso hanno tragicamente perso la vita. Il pubblico ministero di Udine Claudia Danelon dovrebbe rilasciare oggi il nulla osta necessario per il trasferimento dei corpi. Da quanto è emerso il magistrato non ha intenzione di richiedere l’autopsia. Questo perché non sussistono elementi di natura penale da chiarire.

Monte Lussari, addio a Jennifer e Massimo: trovati senza vita in un dirupo


Dalla ricostruzione dei soccorritori e della Guardia di finanza di Sella Nevea infatti Jennifer e Massimo, che si trovavano nei pressi del monte Lussari martedì scorso, sarebbero caduti accidentalmente in un dirupo a causa del terreno ghiacciato e quindi scivoloso. In quel momento stavano percorrendo una traccia non segnata nel canale Prasnig. Avrebbero fatto un volo di circa 200 metri. Se siano rimasti agonizzanti o se siano morti sul colpo resterà un mistero, perché questo lo potrebbe chiarire appunto solo l’autopsia.



Le ricerche erano partite appena un giorno dopo la loro scomparsa, quando cioè i colleghi si erano preoccupati perché la coppia non si era presentata al lavoro mercoledì. Dopo 72 ore in cui i soccorritori hanno perlustrato la zona tra sella Prasnig, malga Lussari e la valle di Riofreddo l’elicottero è riuscito a intercettare vicino a rio Prasnig una ciaspola. Poco dopo la scoperta dei due corpi ormai senza vita.



Una morte che lascia sgomenta tutta la comunità vicina a Massimo, molto esperto di escursioni, e Jennifer, conosciuta per la passione per i viaggi, il canto e da poco tempo anche il volontariato.

Da alcuni mesi aveva iniziato a far parte della comunità di San Martino al Campo, dove partecipava al “Progetto Snodo”. Grazie alla flessibilità dei turni sul lavoro il venerdì era uscita qualche volta con gli operatori e alcuni utenti affetti da alcuni disturbi mentali.

«Ci aveva detto che aveva del tempo libero e che voleva fare qualcosa di utile - racconta Miriam Kornfeind, coordinatrice della comunità di don Vatta -. Il venerdì riusciva a essere libera e siccome le piaceva trascorrere il tempo all’aria aperta si occupava di stare con queste persone. Si era anche premurata di avere il giusto approccio con loro, non voleva metterli in difficoltà. Era una persona di grande delicatezza, disponibilità e sensibilità tanto che, nonostante avesse fatto poche uscite, queste persone si ricordavano già di lei e l’attendevano dopo pochi giorni».

Traumi da caduta o assideramento: rebus sulla morte degli escursionisti


Jennifer aveva lasciato il segno un po’ in tutti, come ha ricordato anche una delle operatrici, Chiara Caiello, che era in contatto con lei per questo progetto: «La tua passione per le escursioni e il volontariato ci hanno fatto incontrare - scrive su Fb - seppur per un brevissimo periodo, tempo sufficiente per cogliere la tua semplicità, il tuo essere presente e attenta agli altri. Hai fatto un po’ come la neve, che arriva silenziosa, mostrando la bellezza, e silenziosamente se ne va, lasciando un delicato ricordo». —


 

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