Morti sul lavoro ancora in aumento a Trieste e Gorizia. Stabili gli infortuni
TRIESTE Diminuiscono nella provincia di Trieste, seppur di poche unità, gli infortuni sul lavoro. Quelli mortali, invece, aumentano. Le statistiche, elaborare dalla Cigl del Friuli Venezia Giulia sulla base delle tabelle mensili rese note dall’Inail, raccontano di una piaga ancora aperta, evidente in particolar modo nel comparto dell’industria e dei servizi.
L’analisi rapporta i dati riferiti al 2018 e al 2019. Lo scorso anno a Trieste sono state raccolte 3.651 denunce di infortuni sul lavoro, 3 (-0,1%) in meno rispetto all’anno precedente. Una lievissima decrescita, meno marcata rispetto a quella registrata nelle province di Gorizia e Udine dove, evidentemente, gli strumenti di prevenzione hanno consegnato dati più rassicuranti. Nell’Isontino, ad esempio, i dati raccontano di 225 (-9,1%) denunce in meno, passate da 2.480 del 2018 a 2.255 dello scorso anno. Udine raccoglie, invece, una diminuzione dello 0,7%. Maglia nera il pordenonese, che vede un aumento delle denunce di 107 unità, pari al 2,7%. A livello regionale, le denunce totali per gli infortuni sul lavoro nel 2019 sono state 17.068, l’1% in meno rispetto all’anno precedente, con un riduzione di quelle in arrivo dal mondo dell’industria e servizi (-2,9%) e dell’agricoltura (-4,2%) a fronte di un aumento esponenziale del 9,4% nel settore pubblico.
Purtroppo, ancora troppo spesso, gli infortuni hanno un risvolto drammatico: in alcuni casi lasciano sui lavoratori menomazioni, handicap che incidono radicalmente sulla loro vita, sulla loro quotidianità, nei casi peggiori procurano la morte. Tre le morti sul lavoro nel 2019 nella nostra provincia, una in più rispetto al 2018. Un dato che vede al fianco di Trieste anche Gorizia, dove le morti passano da 4 a 6. Incoraggiante invece la decrescita in Friuli dove le morti passano da 17 a 4, e a Pordenone che nel 2019 ne ha registrate 5, una in meno dell’anno 2018. A livello regionale le morti sono state 18, ben 11 in meno.
«La riduzione degli infortuni sul lavoro, - indica Massimo Marega della Cigl - è dettata anche dal fatto che il numero di lavoratori impiegati nell’industria pesante, dove il rischio è più alto, si è ridotto a favore invece del terziario dove il rischio è ridotto». Un discorso che, ovviamente, vale anche per le morti sul lavoro: il travaso di lavoratori da un comparto che espone di più ad incidenti sul lavoro anche gravissimi e mortali, ad un altro a minor rischio può incidere. «Va considerato pure - aggiunge il sindacalista - che ad un calo del numero degli infortuni si affianca un aumento delle malattie professionali, dettato anche dal fatto che la vita lavorativa si è allungata, esponendo le persone a questo rischio».
A prevalere sono le malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo e quelle del sistema nervoso. Molte donne addette alla cassa, all’ortofrutta, infermiere, operatrici sanitarie, svolgono attività che comportano movimenti ripetuti che possono causare malattie professionali relative all’apparato muscolo scheletrico. Il sindacalista avanza una considerazione anche sul fatto che «negli ultimi due anni ci sia un aumento dei contratti a tempo determinato - valuta – e non vorrei che la precarietà fosse correlata al calo delle denunce per gli infortuni meno gravi».
Gli infortuni sul lavoro, così come le malattie professionali, colpiscono più le donne degli uomini. Un tren registrato anche a livello nazionale. Confrontando il periodo gennaio-ottobre 2019 con lo stesso lasso di tempo del 2018, c’è stato un aumento delle denunce riguardanti le lavoratrici del 7,75 %, mentre fra gli uomini c’è stato addirittura un calo, pur lieve, dello 0,5%. —
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