Morte nel pozzo a Gorizia: «Ancora nessuna certezza». Per capire ci vorrà tempo

GORIZIA Un tonfo sordo che risuona nella memoria ma che tutti vorrebbero dimenticare al più presto. Lì per lì nessuno aveva capito di cosa si trattasse esattamente. E non potevano nemmeno immaginarlo, tanto assurda e inspiegabile è stata la tragedia di viale 20 Settembre.
Come racconta una mamma, i ragazzi del centro estivo organizzato dal coordinamento delle parrocchie della città di Gorizia hanno sentito quel tonfo distintamente anche al di fuori della corte delle scuderie di palazzo Coronini-Cromberg, l’area dove si trova il pozzo in cui mercoledì mattina è precipitato il tredicenne Stefano Borghes. Ma dopo quel rumore, su tutta l’area è calato il silenzio, un silenzio irreale accompagnato, piano piano, dall’angoscia sempre più tangibile di un’intera comunità.
A livello ufficiale, non è ancora stato chiarito se qualcuno abbia effettivamente assistito o meno all’incidente; se, cioè, insieme al tredicenne al momento della tragedia ci fosse qualcuno come sarebbe emerso da alcune testimonianze raccolte sul posto il giorno stesso. Gli investigatori stanno ancora ascoltando le persone che mercoledì mattina si trovavano nel parco di viale 20 Settembre.
Le audizioni sono individuali e, considerata la minore età della maggior parte dei potenziali testimoni, richiedono tutta una serie di garanzie che rallentano il lavoro di raccolta degli elementi di indagine. «In questa fase dire se il ragazzo fosse da solo o meno è azzardato: è tutto da accertare», spiega il questore di Gorizia Paolo Gropuzzo che, riguardo a indiscrezioni legate a ipotetiche perquisizioni da parte degli inquirenti, nota: «Non ci sono i presupposti. Ciò che deve essere verificata è la situazione contingente».
Il fascicolo per omicidio colposo aperto in Procura è per ora ancora a carico di ignoti. A coordinare le indagini è il sostituto procuratore Ilaria Iozzi. Gli agenti della polizia giudiziaria ieri mattina hanno depositato in tribunale una prima parte degli accertamenti. A riferirlo è il procuratore capo facente funzioni Laura Collini che, a proposito di un’eventuale iscrizione di nomi nel registro delle notizie di reato, invita ad aver pazienza e precisa: «Non è così semplice come può apparire. Si tratta di un’attività più complessa di quanto sembri».
Se è vero che questa fase richiederà dunque ancora un po’ di tempo perché presuppone un’attenta analisi delle testimonianze e della documentazione raccolta, è anche vero che l’iscrizione nel registro degli indagati rappresenta una garanzia per le persone coinvolte. E solo in questo momento che possono accedere agli atti e avviare così una strategia difensiva, quindi questo passo non può neppure essere procrastinato troppo a lungo.
«Dobbiamo ancora ricevere l’esito di numerosi accertamenti affidati alla Polizia giudiziaria», ha aggiunto Collini che comunque ha fatto sapere che c’è già una data indicativa per effettuare l’autopsia. L’esame affidato giovedì mattina al professor Carlo Moreschi sarà eseguito nei primi giorni della prossima settimana. «Ma la conferma - dice il procuratore capo facente funzioni - potrà esserci solo dopo che si saranno concluse le verifiche per individuare esattamente ognuna delle persone che possono essere coinvolte dall’inchiesta». Verosimilmente, si dovrebbe arrivare a una prima definizione del quadro al più tardi entro la giornata di lunedì.
L’autopsia, tuttavia, rappresenta più un atto dovuto che altro. Le cause del decesso di Stefano, purtroppo, appaiono abbastanza chiare. Sono dovute ai traumi subiti nella caduta e già il primo esame esterno dovrebbe averle chiarite. Non ci si attendono quindi sorprese dall’analisi del corpo. A questo punto ad essere davvero importanti saranno piuttosto le perizie sulla copertura del pozzo. Dovranno essere chiarite le cause che hanno provocato l’incidente: il motivo per cui il cerchio di metallo si è mosso - staccandosi dagli ancoraggi a cui era fissato - facendo precipitare per 30 metri il tredicenne goriziano.
Nel ricordare che il parco di viale 20 Settembre rimarrà chiuso almeno sino ai funerali di Stefano Borghes, il sindaco di Gorizia - nonché presidente della Fondazione Coronini-Cronberg -, Rodolfo Ziberna, ha ribadito che la chiusura dei cancelli è stata decisa per permettere alla magistratura di fare luce su ciò che non ha funzionato nel piano della sicurezza «di cui l’ente è dotato». In proposito il primo cittadino ha sottolineato che il piano sicurezza è il frutto di uno studio assegnato a soggetti esperti esterni e che viene ripetuto negli anni anche perché, oltre che luogo accessibile al pubblico, il parco è il luogo in cui i manutentori svolgono il loro lavoro. «È assolutamente indispensabile che si sappia cosa deve fare la Fondazione - ha aggiunto - affinché non riaccada mai più (una tragedia simile), pur nella consapevolezza che l’imponderabile non può essere prevenuto. Lo dobbiamo a Stefano, alla sua famiglia, a chi gli vuole bene, a tutta la città». —
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