Morta 14 giorni dopo il volo dalla finestra: indagate due addette della casa di riposo

Il pm chiede il processo per abbandono di incapace e omicidio colposo in seguito a negligenza per le operatrici in turno
Silvano Trieste 2020-06-25 Casa di Riposo Villa Amica
Silvano Trieste 2020-06-25 Casa di Riposo Villa Amica

TRIESTE Novantaquattro anni con problemi cognitivi e psicotici. L’avevano trovata per terra, sotto la finestra della camera della casa di riposo in cui era stata da poco ricoverata. Un salto di tre metri. Era febbraio dell’anno scorso. Nella Donatucci, triestina, non era deceduta subito, bensì due settimane dopo in ospedale. Non si saprà mai se si era trattato del suicidio di un’anziana sofferente o, piuttosto, di un tragico incidente dovuto a una tentata fuga dalla struttura.

Ma per la Procura, che ha aperto un’indagine, ci sono precise responsabilità sull’accaduto: l’accusa è di abbandono di persona incapace. Non solo. La magistratura ha ipotizzato anche l’omicidio colposo, come conseguenza di una possibile negligenza da parte del personale in servizio che l’aveva in custodia. Personale che, secondo l’accusa, avrebbe dovuto vigilare con attenzione su un’ospite così fragile, e non lo avrebbe fatto a dovere.

La casa di riposo è la “Villa amica” di via Rossetti 56. Sotto inchiesta sono finite due operatrici in turno nel giorno in cui si era verificato l’episodio: la 52enne triestina Fabiana Della Vedova (difesa dall’avvocato Ernesta Blasetti) e la 50enne Larisa Semenyuk (tutelata dall’avvocato Massimo Bisiach), di origini russe. Il pm Chiara De Grassi, titolare del fascicolo, ha chiesto il rinvio a giudizio per entrambe. L’udienza preliminare in Tribunale è fissata per oggi davanti al gup Massimo Tomassini. Il figlio e il nipote della vittima, costituitisi parte civile, sono difesi dall’avvocato Roberto Mantello.

I fatti sono stati ricostruiti così. È il 3 febbraio del 2019 quando la 94enne viene rinvenuta sotto la finestra della sua stanza al primo piano. Ha fratture al bacino e alle costole. È in insufficienza respiratoria. Sono circa le sei del pomeriggio. La signora Nella morirà il 17 febbraio in Medicina d’urgenza. Dalle cartelle cliniche emerge che si tratta di un’anziana con varie patologie, tra cui deterioramento cognitivo e deficit della memoria. Disturbi che circa un anno prima, l’8 gennaio 2018, avevano comportato un ricovero nel reparto di Geriatria del Maggiore per ansia, allucinazioni visive e uditive. Tra i medicinali che la donna aveva assunto figura l’aloperdiolo, un farmaco antipsicotico.

Ma prima di quel drammatico epilogo Nella Donatucci è da soli due giorni ospite della “Villa amica”. L’accusa sostiene che la 94enne, nonostante le sue condizioni di salute mentale, sia stata lasciata sola. In particolare proprio quel 3 febbraio, poco prima di buttarsi, aveva avuto una crisi: si trovava in uno stato di agitazione psicomotoria, si legge negli atti. Un elemento, quest’ultimo, che viene a galla da una testimonianza dell’autista dell’automedica intervenuta per soccorrere la vittima, il quale ha affermato di aver appreso questo dettaglio sul posto, proprio da una delle due operatrici indagate. Cioè dalla 52enne Della Vedova: la dipendente ha raccontato all’autista che l’anziana «si era tanto agitata da girare per la struttura con un coltello in mano» e di essere riuscita «a disarmarla».

Riposto il coltello, il personale si è quindi occupato di cercare la ospite in giro per la casa di riposo. Ma con esito negativo. E solo dopo, controllando fuori da una finestra del primo piano, gli operatori si sono accorti che la donna era sotto, dolorante. Ma perché allora nessuno, nella residenza di via Rossetti, dopo quei comportamenti così allarmanti – lo stato di agitazione e il coltello appunto – si era preoccupato di chiamare subito un’ambulanza o, almeno, di allertare i parenti?

Durante la telefonata di soccorso al 112 è la stessa operatrice della struttura, Della Vedova, a riferire che «ne xe filada dalla finestra» (ci è scappata dalla finestra, ndr).

Sono molti gli interrogativi che incombono sulla vicenda. Anche perché - dalle carte giudiziarie - traspare che dall’arrivo in casa di riposo «non viene posta particolare attenzione ai disturbi cognitivi» della signora. La casa di riposo forse dispone di informazioni scarse sullo stato di salute dell’ospite? È il figlio che non fornisce un quadro completo o è il personale che sottovaluta? L’avvocato Blasetti, che assiste Della Vedova, ribatte: «Quel giorno la mia assistita aveva appena iniziato il turno, quindi è estranea ai fatti contestati».—




 

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