Morosità, aumentano gli sfratti a Trieste: 144 in Tribunale in 4 mesi
Niente soldi per pagare l’affitto. A Trieste la casa diventa un dramma che costringe un numero sempre maggiore di persone a rimanere sulla strada. In un 2013 appena inoltrato sono già aumentati del 5% gli sfratti per morosità. Sono bastati quattro mesi, da gennaio ad aprile, per vedere 144 persone davanti al Tribunale di Trieste per non essere riuscite a pagare l’affitto. Il 5% in più appunto rispetto allo stesso periodo del 2012, quando il dato si fermò a quota 137. A quanto emerge, nonostante di media il 50% chieda la “grazia” (90 giorni per risanare il debito), nel 95% dei casi il processo finisce con la convalida dello sfratto, seppur prorogato nel tempo. Si conferma dunque il trend in crescita di quanti vivono allo stremo, senza neanche più la capacità di mantenere quel bene primario che è la casa. Questo dicono i dati forniti dal Tribunale di Trieste.
Prendendo poi in considerazione lo periodo gennaio-aprile di cinque anni fa, i triestini morosi sono cresciuti del 23%. Erano 117 nei primi quattro mesi del 2008, l’ultimo anno di benessere degli italiani. Poi la crisi ha acuito il disagio fino a coinvolgere le 144 famiglie dei primi mesi del 2013. Mentre se si considerano le annate intere, si possono confrontare le 418 famiglie sotto sfratto nel 2012 con le 369 registrate nel 2008.
Ma cosa succede dopo aver perso la casa? Ottenere un alloggio Ater è impossibile, non per la lunga lista d’attesa (quasi 6mila le domande all’ultimo bando) ma perché la morosità non consente di maturare punteggio per la graduatoria pubblica. I più fortunati trovano un affitto meno caro, forse in un appartamento malconcio. Ci sono case d’emergenza, oltre a una cinquantina di alloggi comunali, cui si accede con un progetto concordato con i servizi sociali, ma in 200 sono già in lista d’attesa. Altrimenti non resta che bussare alla porta di amici e parenti, se non alle strutture collettive sul territorio. Una spirale molto chiara agli occhi dell’avvocato Gianfranco Carbone: «La famiglia-tipo processata per morosità è fatta di 40-50enni con figli a carico che hanno perso il lavoro o sono finiti in cassa integrazione. Una condizione da cui è difficile uscire per la difficoltà a trovare un altro sbocco occupazionale. Per quanto non esponenziale, l’aumento è significativo: il 23% sta per quasi un quarto di sfratti in più in 5 anni. Un indicatore drammatico, considerando che prima di non pagare l’affitto si riducono tutte le altre spese. Se ogni nucleo è formato in media da tre persone, possiamo dedurre che 1500 triestini su 200mila abitanti sono piombati in emergenza abitativa».
La recente occupazione di una casa pubblica ha fatto leva su questo: «L’affitto incide per quasi il 50% sul reddito medio – afferma l’attivista Alessandro Metz -, mettendo in difficoltà chi perde il lavoro. Il numero di sfratti è evidente tanto quanto quello delle case pubbliche sfitte. Trovo allucinante che l’Ater e il Comune decidano di alienare parte del proprio patrimonio anziché metterlo a disposizione di questa emergenza».
E il Comune cosa fa? «Per la prima volta si è dotato di un regolamento in base al quale i contributi (richiesti nel 2012 da 12.151 persone, il 21% in più del 2011) devono essere destinati in via prioritaria all’affitto e alle bollette – risponde l’assessore Laura Famulari -. Insieme alla collega Elena Marchigiani stiamo mettendo a punto nuovi strumenti per aiutare quelle fasce medie che riescono ad accedere all’edilizia popolare ma che rischiano ugualmente l’emergenza. Mentre cerchiamo nuovi sistemi per invogliare i privati a cedere in locazione le case sfitte a questa fascia di popolazione, crediamo sia necessaria una programmazione di medio e lungo termine per tutelare e reinvestire il patrimonio Ater».
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