Morìa di pinna nobilis: allarme degli esperti dell’Università di Zara
FIUME. A lanciare l’allarme è stato il team di esperti dell’Università di Zara che sta studiando il problema.. Nelle acque dell'Adriatico orientale, tra l'arcipelago raguseo delle Elafiti e Lussino, si sta verificando una moria di esemplari di nacchera di mare - o pinna nobilis - che ha assunto dimensioni definite gravi. Il fenomeno che riguarda quello che è il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, in regime di severa tutela in Croazia fin dal 1992 e capace di crescere fino a 120 centimetri, si è manifestato fin dallo scorso maggio, quando le prime nacchere morte sono state rinvenute sui fondali delle Elafiti e della penisola di Sabbioncello, nella Dalmazia meridionale. In luglio e agosto la moria di pinna nobilis - che fra l’altro accumula assorbendoli dal mare grandi quantità di inquinanti e patogeni - è andata crescendo e ha riguardato anche le acque dell’Adriatico centrale, dell'arcipelago delle Incoronate e dell'Isola Lunga; secondo le ultime informazioni alcune nacchere di mare sono state ritrovate prive di vita nelle acque che bagnano l'isola di Lussino.
In pochi mesi dunque l’epidemia si è espansa lungo circa 300 chilometri, decimando la popolazione di pinna nobilis soprattutto nella regione insulare ma risparmiando – almeno per ora – le coste della terraferma.
L'équipe zaratina, guidata dalle biologhe marine Bruna Petani e Bosiljka Mustac (ne fanno parte altri tre studiosi), effettuerà nelle prossime settimane dei monitoraggi sui fondali del Quarnero e dell'Istria, in particolare nei dintorni di Rovigno, per capire se il fenomeno abbia raggiunto l'Adriatico settentrionale.
Gli studiosi hanno appurato che nelle aree colpite i casi di mortalità del bivalve vanno dal 90 al 100%, e molto probabilmente sono stati provocati dall'Haplosporidium pinnae: un microrganismo rinvenuto all'interno dei molluschi che, dopo avere colonizzato l'apparato digerente, risulta fatale per le funzioni vitali del bivalve, specie endemica del Mediterraneo.
L'unica speranza per il ripopolamento, almeno per ora, è legata a quanto emerge da alcuni studi in base ai quali la patologia scompare del tutto in presenza di acque fredde, di temperature inferiori ai 13,5 gradi. Una situazione che si verifica però in un periodo limitato a qualche mese. La speranza degli esperti è che comunque si riesca così a rallentare la diffusione del microrganismo, che si è rivelato molto più pericoloso della pesca di frodo delle nacchere registrata negli ultimi decenni nelle acque dalmate, istriane e quarnerine. —
A.M.
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