Morìa delle api: da Sofia a Belgrado si moltiplicano allarmi e appelli

Gli operatori additano pesticidi e cambiamenti climatici. Nella sola Serbia il settore teme 170 milioni di danni

BELGRADO La primavera arriva, fa sbocciare fiori e colora di verde gli alberi. Le api, come sempre, raccolgono il polline. Ma poi muoiono. E lo fanno in numeri preoccupanti, da un capo all’altro di una regione dove tanti indizi puntano l’indice verso un colpevole: un uso eccessivo di insetticidi e pesticidi in agricoltura.

La regione è quella dei Balcani, dove nelle ultime settimane si sono levati forti allarmi. Le api scompaiono, le autorità si muovano: è questo l’appello lanciato dagli apicoltori di tanti Paesi dell’area. Ad aprire il caso sono stati i bulgari, che hanno denunciato morie di api – più di mille alveari nella sola parte settentrionale del Paese - e presentato denunce alla magistratura. La ragione dell’ecatombe? «Gli apicoltori sostengono che i contadini trattano i terreni con sostanze chimiche non autorizzate dalla Ue, uno scenario comprovato da studi fatti su api e piante l’anno scorso», ha raccontato l’agenzia di stampa Novinite. Che ha raccolto e riportato anche la rabbia crescente tra gli apicoltori, pronti «a bloccare il traffico sulla strada principale tra Pleven e Sofia», se non saranno prese misure concrete per risolvere il problema.

Un caso isolato? Non sembra. Nella vicina Serbia, già il mese scorso, la locale Associazione degli apicoltori (Spos), assieme all’Alleanza per lo sviluppo economico locale (Naled) e agli americani di Usaid, ha lanciato una campagna «per la protezione delle api» cercando di sensibilizzare i contadini a non usare pesticidi e spronando le autorità a suggerire soluzioni alternative alla pratica di irrorare di veleni i campi e i parchi contro zanzare e zecche, azioni che hanno come vittime collaterali proprio le api.

Ma gli allarmi e le campagne di sensibilizzazione sembrano non aver dato frutti, con denunce di morie arrivate da varie parti della Serbia. Api che «a volte muoiono sul posto, altre volte molto più tardi, dopo che hanno iniziato a consumare il polline che contiene insetticidi», ha denunciato il numero uno dello Spos, Rodoljub Zivanovic all’agenzia Reuters, specificando che l'intero settore agricolo-ortofrutticolo serbo potrebbe subire danni fino a 170 milioni di euro all’anno se l’avvelenamento delle api continuerà, portando a una ridotta impollinazione causata da veleni «vietati a Occidente e importati e usati qui fino alla fine delle scorte», ha detto Nenad Savić, un apicoltore serbo.

Bulgaria e Serbia - ma allarmi simili stanno circolando in Bosnia e Romania - non sono le sole a essere colpite. Anche in Croazia, da settimane, si accumulano denunce di massicci decessi di api. Sul banco degli imputati ancora una volta i pesticidi, ma anche i cambiamenti climatici troppo rapidi, alle quali le api non riuscirebbero ad adattarsi in tempo.

E qualcosa va fatto, senza tentennamenti e ritardi, sia per proteggere ambiente e api, sia l’economia stessa. In Croazia, ad esempio, il numero degli apicoltori è salito dai 9 mila del 2014 ai 12.500 del 2017, in Bulgaria veleggia sui 18mila, in Romania è invece già calato da 40 mila a 23 mila - ma il Paese rimane il maggior produttore Ue assieme a Spagna e Ungheria, Croazia e Bulgaria sono al 10 e11mo posto – in Ungheria è cresciuto fino a 21 mila. La stessa cifra registrata in Serbia, dove il miele prodotto nel 2017 è salito del 22%, per un valore solo dell'export di 7-8 milioni di euro. Ma i danni all'equilibrio naturale dalla scomparsa delle api sono ben più gravi, incalcolabili. —


 

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