Morì trafitta dal guard rail Chiesti oltre 750mila euro
Oltre 750mila euro. È che questa la cifra che Provincia e Anas potrebbero essere obbligati a risarcire ai genitori e ai parenti di Cristina Angeli, la giovane che il 21 febbraio 2011, alla guida della sua Y10, si schiantò a Trebiciano proprio all’imbocco della rampa d’accesso della Grande viabilità.
La richiesta del risarcimento è una conseguenza della costituzione di parte civile che ieri è stata depositata dall’avvocato Giulio Quarantotto in nome e per conto di alcuni parenti della sfortunata ragazza nell’udienza davanti al giudice Laura Barresi. Che, senza l’opposizione del pm Massimo De Bortoli, ha rinviato l’udienza stessa alla prossima settimana per decretare l’ammissione o meno delle costituzioni di parte civile. Nel procedimento sono chiamati a rispondere dell’accusa di omicidio colposo per non aver effettuato i necessari lavori di messa in sicurezza del tratto stradale otto tra funzionari dell’Anas e della Provincia. I nomi in questione sono quelli di Gianni Baldan, 55 anni, dipendente dell'Anas, sorvegliante di quel tratto di strada, e dei tecnici, sempre dell’Anas, Giampaolo Piacentini, 52 anni, capo nucleo, Mauro Ricci, 54, capo centro, e Cesare Salice, 66, capo del compartimento. Sotto accusa quindi anche William Starc, 65 anni, dirigente dell’area Servizi tecnici della Provincia, Rita Benini, 58 anni, allora segretario generale sempre della Provincia, e ancora Paolo Stolfo, 50, altro dirigente dell'area Servizi tecnici della Provincia, e Paolo Liuzzi, 52, responsabile dell’Unità operativa. Sono difesi dagli avvocati Giorgio Borean, Michele Godina, Mariapia Maier, Massimiliano Bellavista e Luciano Sampietro.
L’incidente oggetto di tale inchiesta si era verificato poco dopo la mezzanotte. La Y10 condotta da Cristina Angeli, nell'imboccare una leggera curva verso destra, aveva sbandato. La ragazza non era riuscita a correggere la traiettoria. Così l’auto aveva puntato dritta verso la lama d’acciaio del guard rail. Come una spada, il guard rail si era infilato nel cofano e poi aveva trapassato da parte a parte la vetturetta arrivando fino al bagagliaio. Cristina Angeli era morta sul colpo. Quella notte stava tornando a casa, in via D’Alviano 80.
L’inchiesta del pm De Bortoli era stata aperta contemporaneamente alle dichiarazioni di Stefano Angeli, il padre. L’uomo, dopo essere andato sul luogo dell’incidente, aveva ipotizzato infatti che una delle cause della tragica morte della figlia potesse essere riconducibile anche al guard rail installato sul ciglio della strada che dalla 202 porta alla Grande viabilità. Dopo l’autopsia del medico legale Fulvio Costantinides erano state disposte anche le consulenze del perito incaricato, l'ingegner Marco Pozzati di Mestre. Quindi erano stati effettuati altri accertamenti che hanno, sempre secondo il pm, confermato l’ipotesi del padre della giovane secondo il quale la morte è stata causata da imperizia, negligenza e imprudenza proprio da parte di chi avrebbe dovuto effettuare i lavori di manutenzione e messa in sicurezza del tratto stradale. E non lo avrebbe fatto. (c.b.)
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